Un trekking facile al fresco? Le Cascate del Cenghen

Una camminata nella Val Monastero a due passi dal lago di Lecco

La Cascata
  • Altitudine – 614 mt
  • Difficoltà – Escursionista – Facile
  • Dislivello – 410 mt
  • Gruppo montuoso – Gruppo delle Grigne
  • Periodo dell’anno (consigliato) – tutto l’anno
  • Tempo di percorrenza – 2h a/r

Le cascate del Cenghen ti doneranno una camminata rinfrescante senza troppe difficoltà, una meta facilmente raggiungibile col finale, se la percorrerai in estate, di un bagno nel lago. Cosa chiedere di più a un sabato mattina libero? Scoprirai un refrigerio naturale lontano dal caos e senza macinare troppi chilometri, un trekking facile e adatto a tutti che ti immergerà nei boschi lecchesi senza perderti alcuni scorci panoramici sul Lago.

Come arrivare

In auto da Monza/Milano prendere la statale SS36 (valassina) sino a Lecco per poi seguire la superstrada verso Colico. Imbocca la prima uscita Abbadia Lariana, nei pressi della stazione ci sono alcuni parcheggi liberi.

In treno dovrai arrivare a Lecco con le direttrici S7-S8. Giuntɘ nel capoluogo prendi il treno per Tirano, la prima fermata sarà Abbadia.

Cenni Geografici

Le cascate del Cenghen, in realtà la cascata, si trova nella val Monastero con alle spalle il gruppo delle Grigne. Il torrente che alimenta il flusso d’acqua si chiama Zerbo, dalla gola che ospita la cascata potrai osservare un salto di 50 metri che sfocia in un piccolo laghetto, non balneabile per motivi di sicurezza.

Attrezzatura

Non serve attrezzatura specifica, basta avere pochi accorgimenti. Porta sempre con te almeno mezzo litro di acqua e qualche snack, non si mai un calo di zuccheri. Dei bastoni possono sempre essere utili, la strada è in salita (discesa al ritorno) e ti daranno supporto. Mi raccomando non improvvisare mai i trekking con calzature non adatte o addirittura ciabatte, seppur brevi vanno usate delle scarpe dotate del grip necessario per i terreni accidentati. Porta una maglia a maniche lunghe anche in estate, potrebbe servirti arrivitɘ alla cascata.

Prima salita

Varianti

Varianti

Il percorso per giungere alle cascate non è uno solo, ci sono tre possibili punti di partenza, qui sotto li elenco ma espliciterò solo quello che ho fatto io partendo da Abbadia.

  • Giro ad anello
  • Da Abbadia
  • Da Mandello del Lario

Escursione alle Cascate del Cenghen

La partenza per le Cascate del Cenghen è la stazione di Abbadia Lariana, dovrai seguire i cartelli del Sentiero del Viandante. Bisogna percorrere un tratto del percorso che arriva sino a Colico, dopo poco un cartello artigianale indica un tratturo per le cascate, si tratta di un anello che compie un percorso circolare scendendo al rientro dalla frazione Linzanico. Io proseguo come suggerito da un passante e dopo una decina di minuti si trova l’indicazione per la via più battuta.

Il sentiero sale costantemente, i caseggiati si diradano e la vegetazione diventa protagonista, il rumore delle strade si perde dando spazio al tuo respiro. Dopo la prima salita ci sarà una bella visuale, uno scorcio di lago, sarai su dei bei prati con alberi da frutto sparsi sul terreno. Qui termina la parte esposta, da qui proseguirai completamente immersɘ nel bosco, una manna se percorrerai il trekking nei mesi più caldi. Continua dolcemente a salire, la strada non è molta ma il dislivello non manca. Il sentiero si restringe un poco ma rimane confortevole, una gradinata di legno e pietra ti fare guadagnare ulteriore altitudine.

Ora sei in quota, il ruscello sbucherà alla tua destra, dovrai risalirlo su un percorso molto pietroso. Ormai ci sei, la temperatura scenderà di parecchi gradi e la cascata si mostrerà nella sua magnificenza. Passare una mezz’oretta guardando l’acqua scorrere in un luogo senza traccia dell’intervento umano, ti ricaricherà completamente le batterie. Nei periodi estivi la portata potrebbe essere ridotta per via delle poche precipitazioni, un po’ meno spettacolare ma non meno affascinante.    

Abbadia Lariana

Vista dalla Spiaggia

Il primo paese passata Lecco offre una delle spiagge più grandi attrezzate del lato est del Lago di Como, grazie allo spazio piuttosto comodo e ai molti sevizi diventa molto frequentata nei mesi estivi. Deve il suo nome alla presenza di un Abbazia risalente al 1200, ormai soppressa, alcune tracce si possono trovare nella Chiesa di San Lorenzo. Nel comune è presente il museo civico Setificio Monti, ricavato in un antico opificio offre la possibilità di visitare molti macchinari delle antiche tessiture. Da Abbadia parte il Sentiero del Viandante, cammino a tappe che termina a Piantedo, al principio della Valtellina. Dal comune comincia anche un percorso che in tre ore buone porta ai Piani dei Resinelli, ampio spiazzo con vista, tipica escursione di lecchesi e non.

Sito istituzionale

Ultimo tratto

L’escursione alle Cascate del Cenghen ti offrirà l’opportunità di vivere mezza giornata completamente immerso nella Natura. Il sentiero in salita che ricorda ascese montane, la vegetazione avvolgente che ripara dal sole e riempie occhi e polmoni, panoramiche sul lago a bassa quota ma sempre appaganti, il finale di una cascata rilassante da osservare rilassato. Tutto questo senza la fatica di ore e ore di cammino, con poco sforzo ti godrai il trekking, rendendoti conto che spesso basta poco per staccare la spina. Consigliatissimo a tutti.

Buon Cammino


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Il Parco di Montevecchia e della Valle del Curone

Vista da Valfredda

Un’oasi verde di inestimabile valore, il parco di Montevecchia è un polmone vivo che dà ossigeno a un territorio ai margini di una delle zone più inquinate d’Europa. Una piacevolissima scoperta a pochi chilometri da casa, ideale se abiti in zona per passare qualche ora nel verde. Il parco interessa dieci comuni della provincia di Lecco: Cernusco Lombardone, La Valletta, Lomagna, Merate, Missaglia, Montevecchia, Olgiate Molgora, Osnago, Sirtori e Viganò.

Il Parco

Sono nato e cresciuto in Brianza, spesso in gioventù denigrandola per il grigiume e la mancanza di empatia. Col passare degli anni e lo scrollarsi di dosso dei pregiudizi, mi rendo conto dell’importanza di fare qualche passo laterale e scopro il Parco. Una rivelazione, un amore nato dal primo sentiero, un quarto d’ora di macchina per immergersi in una Natura ricchissima degna di una verde Toscana.

Il Parco regionale di Montevecchia e della valle del Curone, questo il nome completo, è una vera e propria oasi rimasta intatta, non intaccata dall’urbanizzazione di un territorio fulcro e simbolo dell’industria e dell’economia. 2362 ettari nella Brianza lecchese, dieci comuni interessati, 11 sentieri segnati e molti altri da improvvisare secondo il proprio gusto e tempo. Il parco è attraversato anche da un più lungo percorso chiamato il Sentierone, il quale giunge fino a Lecco

Il parco è gestito da un ente regionale con sede a Montevecchia nella località Butto, ove si possono acquistare mappe dei sentieri e chiedere informazioni. Istituito nel 1983, conserva un luogo ideale per la fauna scappata nel corso degli anni dalle città crescenti, facile incontrare qualche scoiattolo, più raro incrociare una lepre, esperienza unica avvistare una volpe. Sono comunque molte le specie che vivono nel Parco, gli appassionati di uccelli hanno di che divertirsi a osservare i diversi esemplari.

Lomagna

Un oasi verde

Attraversato dal torrente Curone e dalla Molgora, il parco è reso vivo da alcune sorgenti naturali che mantengono verde la varietà di piante presenti. Il cambiamento climatico sta purtroppo facendo vedere i suoi mesti frutti anche nel Curone, spesso i letti sono completamente asciutti, mostrando agli occhi curiosi e attenti quanto possa rivelarsi grave la mancanza di acqua, e compromettendo la prosperazione della vita di anfibi e pesci. Da segnalare il gambero di acqua dolce che presente nei corsi del Parco sta via via diminuendo gli esemplari. Le passeggiate nel Curone sono adatte a tutti, i dislivelli non sono impegnativi ed essendoci così tanti collegamenti di può camminare quanto si vuole per tornare al punto di partenza. Se si vuole mantenere la linea green e non usare l’auto, si può raggiungere il parco in treno. Cernusco, Osnago e Olgiate hanno la stazione, dove partono (in particolare quella di Cernusco) buona parte dei sentieri.

I Sentieri

Come accennato, nel parco sono segnati con numerosi cartelli 11 sentieri completamente all’interno, più il Sentierone.

1. Sirtori (Ceregallo) – Lomagna

2. Cernusco Lombardone – Beolco (Olgiate Molgora)

3. Osnago – Torrente Curone

4. Osnago – Valaperta (Casatenovo)

5. Cernusco Lombardone – Maresso (Missaglia)

6. Sirtori – Lomagna

7. Cernusco Lombardone – Missaglia

8. Lomaniga (Missaglia) – Beolco (Olgiate Molgora)

9. Montevecchia – Missaglia

10. Sirtori (Ceregallo) – Montevecchia Alta

11. Cernusco Lombardone – Perego

I Nuovi Cartelli

Il Sentierone

Un tracciato di 35 km che collega Osnago a Lecco, tagliando da sud a nord tutto il parco del Curone. Il dislivello qui c’è poiché si sale e scavalca Montevecchia, discesa a valle e salita al Monte Crocione (800mt) per poi scendere verso Galbiate. Qui si risale fino ai 700 mt lungo il periplo del Monte Barro per giungere con gli ultimi 5 km al capoluogo lombardo e il lago.

Ecco qui la carta turistica.

Sentiero dei Proverbi

Ci troviamo nella parte Nord del parco, più precisamente a Lissolo una frazione di La Valletta Brianza. Il percorso è di circa 2 Km e si snoda ad anello, abbraccia un tratto di bosco e tutto il borgo. La particolarità sono i 65 cartelli illustrati dall’artista Filippo Brunello, dove sono riportati antichi proverbi della tradizione brianzola, con l’epigrafe in dialetto e la traduzione in italiano. Una gentile accortezza da segnalare è la presenza della versione in braille per i non vedenti. Nato nel 2015 dalla volontà della comunità locale, si tratta di un breve tracciato senza dislivelli e percorribile da tutti. Il sentiero 10 lo coinvolge quasi completamente.

Le Sorgenti Petrificanti

Si tratta di una rete di ruscelli all’interno del parco con la presenza costante di acqua corrente. Le sorgive transitando nel sottosuolo acquisiscono una gran quantità di calcare, venute in superficie depositano il carbonato di calcio sul territorio su cui vengono a contatto, formando travertini, rocce porose che si inspessiscono col passare del tempo.

Questo fenomeno, detto travertinizzazione, crea un affascinate gioco d’acqua fatto di cascate e pozze naturali, da osservare ma non da usufruire per non alterare l’habitat che permette il fenomeno. La condizione da mantenere è il continuo flusso d’acqua, le minacce principali sono da individuarsi nella siccità che il territorio italiano sta vivendo ultimamente, l’inquinamento da considerarsi anche come il semplice passaggio umano se invadente, ed eventuali smottamenti (frane) che potrebbero alterare la conformazione del terreno.

Le sorgenti si possono osservare scandendo da Montevecchia lungo il sentiero che porta a Valfredda.

Montevecchia

Il tetto della Brianza si divide nella parte bassa e quella alta in stile bergamasco. Il comune ha poco meno di tremila abitanti ed è la sede del Parco. Ogni sentiero che percorrerai avrà quasi sempre il riferimento di Montevecchia col suo punto più alto, il santuario della beata vergine del Carmelo (503 mt). Posto in cima di una lunga scalinata si tratta di una costruzione religiosa di epoca medioevale, rivista e modificata nel corso dei secoli, la quale nel 1924 ha preso l’attuale denominazione.

Montevecchia regala diverse produzioni enogastronomiche autoctone, da sottolineare:

  • Salvia e rosmarino presenti abbondantemente in tutto il territorio, riconosciuti come prodotti tradizionali
  • Il Pincianèl, un vino rosso leggero che ha come terra natia proprio il comune
  • I formaggi di latte vaccino, stagionati e non.

Consiglio di provare almeno una volta il Galeazzino, locale tipico che offre le specialità locali con una vista speciale sulle colline e il parco.

Le Piramidi

Le Piramidi di Montevecchia celano l’enigma irrisolto della loro conformazione. Si tratta di tre colline di egual dimensione e inclinazione, rispecchianti lo stesso orientamento della cintura di Orione e delle piramidi egiziane di Giza. Secondo studi recenti sarebbero state concepite come luoghi di culto e di osservazione astronomica. Da chi? La domanda rimane senza risposta

I Cipressi Alti

Salita ai Cipressi

Sono la collina più appariscente delle tre piramidi, con una salita per arrivare in sommità contornata da dei cipressi che rendono necessaria una fotografia di rito. Dalla cima si può abbracciare un panorama pieno sulla Brianza e oltre.

Strutture all’interno del parco di Montevecchia

Cascina Bagaggera

La cascina Bagaggera è situata nella parte nord del parco ed un vero e proprio simbolo della valorizzazione del territorio. Nata nel 1995 ha come principale attività l’allevamento, in particolare di capre (oltre che di maiali allevati in libertà). Numerosi i prodotti disponibili per l’acquisto: dai formaggi ai salumi, passando dai panificati alle uova. La locanda della cascina offre l’opportunità di fare colazioni e pranzi gustando prodotti realmente a km zero. Un esempio di agricoltura sostenibile e una realtà dal sapore antico.

La Galbusera Nera

Una cascina acquistata al principio degli anni novanta e completamente restaurata, ha dato vita a una realtà da prendere come esempio per la riscoperta della propria terra. La Costa, questo il nome dell’attività, ha recuperato e curato dei vigneti facendo della produzione dei vini il fiore all’occhiello dell’azienda. Un ristorante che offre piatti realizzati con prodotti locali e alcune camere per dormire lontano da rumore e inquinamento, completano una struttura armonica e rilassante.

La Galbusera Bianca

L’Oasi Galbusera Bianca è un complesso edilizio che abbraccia il parco incastonandosi perfettamente nel quadro bucolico dell’ambiente. Stanze per il pernottamento, un ristorante e una bottega bio, un’azienda agricola attiva, queste le attività gestite dai proprietari. La Galbusera Bianca possiede una parte dedicata al benessere con vari tipi di massaggi e spazi dove organizzare eventi aziendali e privati.

Verso Maresso

Meno di un’ora da Milano, mezz’ora da Monza per giungere in mezzo ad una Natura verdissima, complice principale di un’aria gradevolmente più pulita delle città. Il Parco del Curone ti regalerà delle passeggiate alla portata di tutti, dove dimenticare il ritmo frenetico del quotidiano per quietare i nervi iper sollecitati. Montevecchia che fa da guardiano dall’alto, una vegetazione varia e curata, delle strutture intonate al contesto per godere di piaceri culinari locali, molti sono i motivi per organizzare una giornata all’interno del Parco di Montevecchia. La Brianza è (anche) bella.


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A piedi dalla Pianura al Mare: la Via del Sale da Varzi a Camogli

Quattro giorni di cammino e 70 chilometri verso il Mar Ligure.

Sguardo verso il Blu
  • Giorni:4
  • Periodo: da Aprile a Ottobre
  • Km: 70 circa
  • Tenda: non ci sono aree attrezzate
  • Difficoltà: Medio

Un percorso cha ha radici molto profonde nel territorio, la Via del sale da Varzi a Camogli è un cammino che attraversa una natura piena e incontaminata. Dal bel borgo dell’Oltrepò pavese, solcando i confini di ben quattro regioni, in poco più di 70 chilometri giungerai al mare. Scegli tu dove arrivare: Sori, Recco, Camogli o Portofino. Ti racconto un po’ del cammino e la mia esperienza. 

Storia

La via del sale da Varzi a Camogli è un percorso che ha radici molto antiche, rivisto e riadattato alle comodità dei nostri tempi rievoca un sentore di passato remoto, di avi che badavano ai bisogni primari e di necessità fatta virtù. In questo caso è d’obbligo usare il plurale poiché le vie del Sale nel nostro paese erano molte, dalla Lombardia alla Sicilia molti tragitti vennero denominati in questo modo perchè collegamenti sfruttati per il trasporto del bene salino dalle coste all’entroterra.

Il commercio di sale permetteva alle comunità lontane dal mare l’approvvigionamento di un prodotto fondamentale per la conservazione del cibo in primis, ma anche per la concia delle pelli (in particolare il cuoio) da parte degli artigiani dell’epoca. Nati come percorsi creati da commercianti avventurieri che dal mare si inerpicavano su tratturi montani per raggiungere i centri abitati, con la sola forza propria e di fedeli muli, vennero tracciati sentieri sempre più battuti ma pur sempre impervi, inadatti al trasporto con carri.

Verso l’ottocento il sacro romano impero, ripulì le terre del nord dai saccheggi barbari e con capacità imprenditoriali degne dei guru di marketing moderni, vide i percorsi commerciali come una fonte di reddito. Organizzo l’impero in feudi e delegò famiglie nobili del territorio di regolamentare i passaggi, esigendo il pagamento di un tributo (le famose gabelle) per ogni commerciante che transitava nelle terre controllate. La “nostra” via del Sale era una delle più trafficate e di conseguenza una delle più remunerative. A tessere le fila economiche della rete commerciale, con caselli privi di biglietto e voci automatiche, c’era la famiglia Malaspina.

Varzi

Genovesi, originari della Toscana e molto ricchi, governarono il territorio istituendo nel piccolo borgo di Varzi un centro di smistamento e organizzazione del trasporto di Sale, crocevia a metà strada tra la costa ligure e la pianura padana, che già piuttosto densa di centri abitati necessitava di gran quantità del ricavato dell’acqua marina. Con l’evoluzione del trasporto commerciale questi percorsi persero man mano il proprio valore intrinseco. Rimangono i passaggi in una Natura ancora oggi per buona parte incontaminata, che grazie ai racconti delle generazioni precedenti venne continuamente tramandata. Ringraziamo i vecchi, custodi di saggezza e divulgatori di esperienza che ci hanno regalato questo appagante percorso.

Come Arrivare a Varzi

In auto

Da Milano dirigersi in direzione sud ovest e prendere l’autostrada A7 verso Genova. Oltrepassato il Po, continuare fino all’uscita Castelnuovo Scrivia, andare a sx verso Salice terme (SP 93). Allo stop girare ancora a sx, oltrepassare il Torrente Curone e imboccare la strada di campagna a dx (strada Rivanazzano). Proseguire verso est, la strada è stretta e occhio al doppio senso di marcia. In località Bidella dirigersi a sx sulla strada Pontecurone Voghera, incrociata la SS461 prenderla a dx, passare Rivanazzano e seguire la statale. Continuare sulla SS461 costeggiando il torrente Staffora sino a Varzi.

In treno

Regionale da centrale per Voghera e bus per Varzi.

In Bus

Dalla stazione di Milano Famagosta partono 5/6 bus quotidiani che in un paio d’ore arrivano a Varzi, ecco l’orario.

Sul Monte Cavalmurone

Ritorno (a Varzi)

Da Sori, Recco e Camogli puoi prendere il treno per Genova Piazza Principe dove parte il regionale per Milano che ferma a Voghera. Da lì c’è un bus che la collega a Varzi, la stazione pullman e vicina a quella dei treni. Si può fare il biglietto al bar della stazione.

Dove parcheggiare

C’è un parcheggio gratuito in piazza della fiera, tieni presente che durante il mercato è occupato dai commercianti. Noi siamo partiti di venerdì e c’erano le bancarelle. Abbiamo lasciato la macchina poco più su in paese, di fianco alla stazione dei carabinieri. Sosta libera e comoda.

Verso Uscio

Periodo

Le prime due tappe della Via Del Sale sono, per la quasi totalità, sopra i mille metri di altitudine, eviterei quindi i mesi più freddi, probabile trovare neve. Chiaro, se il tuo spirito avventuriero è consolidato e sei attrezzato, potrebbe diventare un’esperienza da ricordare. Il percorso è perlopiù nei boschi, indi anche i mesi estivi sono papabili per organizzare, con la prospettiva ulteriore di un bagno al mare. Noi abbiamo percorso il cammino in aprile e ho trovato un clima ideale per i miei gusti, sole caldo ma non soffocante e un po’ di vento fresco che non guastava. Occhio che in quota e alla sera serve qualche indumento pesante (felpa e piumino leggero).

Attrezzatura

Il cammino non è lungo ma sostanzialmente il materiale da portare è sempre lo stesso. Leggi l’articolo che ti darà una lista completa dei prodotti da mettere nello zaino in un trekking di più giorni. Come accennato nelle tappe, non ci sono molte fonti di acqua durante il tracciato, munisciti sempre di un litro e mezzo prima di partire la mattina

Capanne Di Carrega

Accoglienze

Varzi

Se arrivi da lontano o hai più tempo a disposizione nel luogo di partenza ci sono diverse strutture dove poter pernottare, per ogni tasca e necessità.

  • I cappuccini wellness è una struttura vicino all’ospedale di Varzi
  • L’Albergo Corona si trova nella piazza principale del paese
  • Le Cicale, anch’esso nella piazza principale del paese

1°Tappa

Capannette di Pey

L’albergo a Capannette di Pei è la struttura dove abbiamo dormito alla fine della prima tappa. Si tratta di un albergo a conduzione familiare, con stanze pulite e un prezzo abbordabile. Consiglio la cena, ricca di piatti del territorio (tra cui pisarei e fasò, ricetta piacentina) e molto casalinga. Su richiesta i gestori possono prepararti dei panini per il giorno seguente di cammino.

Capanne di Cosola

La tappa canonica termina in questa località, potrai trovare l’unica struttura nell’albergo omonimo.

2° Tappa – Torriglia

L’Albergo della posta di Torriglia è nel cuore del borgo ligure, offre camere in una struttura datata ma accogliente. Noi abbiamo trovato la cucina chiusa, ma in paese si parla molto bene del loro fritto misto.

Ci sono altri affittacamere in paese e alcuni B&B poco fuori dal centro.

3° Tappa – Uscio

Noi abbiamo alloggiato alla locanda Bellaria, B&B al principio di Uscio. Il posto è ben curato, gestori molto gentili e disponibili, la stanza è dotata di tutto quello che serve. Rapporto qualità prezzo ottimo.

Anche a Uscio ci sono altri B&B e affittacamere. Bisogna cercare nel periodo della partenza poiché ne nascono di nuovi e altri non sono più disponibili.

4° Tappa – Camogli

Se terminerai il cammino a Camogli ti consiglio il B&B Andirivieni. Si trova a dieci minuti dal mare, la proprietaria è una fotografa e potrai ammirare nella casa numerose prove della sua abilità di ritrattista. Stanze arredate con cura e piene di arte, potrai fare colazione su una bella terrazza con vista mare. Buon prezzo.

Ovviamente a Camogli non mancano i posti dove dormire, i prezzi non sono sempre economici.

Recco e il Golfo di Genova

Varzi

Nel borgo

Il piccolo borgo di Varzi simbolo della bassa padana, segna il confine lombardo con quello piemontese. Istituito attorno al mille, divenne centro commerciale con l’insediarsi della famiglia Malaspina, connettendo il territorio padano con la costa ligure. Se riuscirai a ricavarti qualche ora prima o dopo il cammino, perditi nelle viuzze, scoprirai la matrice medievale del comune. Il centro fu di rilevante interesse anche durante la Seconda guerra mondiale, in una zona dove la guerra imperversava nacquero dei nuclei partigiani sostenuti dall’abitato. Per questi meriti sono state consegnate le medaglie d’oro al valore militare e civile. Da vedere il castello dei Malaspina risalente al dodicesimo secolo, l’antica chiesa dei Cappuccini e quella parrocchiale di San Germano. Un ultimo consiglio: non lasciare Varzi senza il bottino di un suo famoso salame, essenza di una tradizione anche legata al cammino, infatti la parola SALame deriva dall’uso del sale per la conservazione della carne.

Percorso

1°Tappa – Varzi – Capannette di Pei (22km – 8 ore +1445mt -330mt)

Parcheggiata l’auto, cerca di soddisfare i bisogni primari. A Varzi non mancano i bar dove fare colazione, c’è un supermercato e qualche alimentari dove farti preparare un paio di panini per la giornata, almeno uno col salame locale è d’obbligo. Cerca il ponte che supera il torrente, i cartelli sono piuttosto evidenti. Passatolo imbocca il sentiero sulla sinistra che costeggia lo Staffora, un’ampia strada bianca e sassosa ti allontanerà dal centro abitato.

Comincia a testare le gambe con la prima salita, non troppo impegnativa, che in un’oretta o poco più ti condurrà alla piccola frazione di Monteforte. Qui FAI IL PIENO di ACQUA, c’è una fonte fresca e sarà l’ultima che incontrerai sino a quasi la fine della tappa. Lasciati i caseggiati riprendi il sentiero, dopo poco intersecherai una strada asfaltata, non molto battuta a dir la verità, che ti accompagnerà al borgo di Castellaro.

Cartello alla Partenza
Prima Salita

Respira e preparati a uno dei tratti (a parer mio il) più duri di tutto il cammino. Una lunga e costante salita di quattro chilometri non darà tregua, mitigata dalla vegetazione di faggi che quantomeno non ti farà soffrire il caldo. Verso la fine noterai cambiare la vegetazione, si inizia a respirare montagna. Uscito dal bosco sarai sul pian della Mora, dove un bivacco fornito di panchine e tavoli ti inviterà alla pausa pranzo. Sei sulla linea di confine tra Lombardia e Piemonte.

Riprendi la strada alternando aree boschive a sentiero in cresta tra due valli, la vista è ampia. Qui i cartelli inizieranno a scarseggiare, ma stai attento prosegui sino al successivo bivacco, il Laguione che inganna con l’indicazione di una fonte, noi non l’abbiamo trovata. Da questo punto cambia la nomenclatura del tracciato, inizierai a vedere scritto VM (via del mare) con i colori rosso e verde. Parsimoniando il bene prezioso segui il sentiero in cresta e preparati alla seconda salita taglia gambe, più breve ma più intensa poiché dovrai raggiungere i 1700mt del Monte Chiappo. In vetta c’è un ristoro, aperto nei mesi estivi e nel fine settimana. Goditi il vento e la vista meravigliosa, nelle giornate limpide lo sguardo abbraccerà il tuo obbiettivo marino.

Monte Chiappo

La discesa è quella dei vincenti, da percorrere col cuor leggero e in base alla tua destinazione. Per Capanne di Cosola segui il percorso principale, se come noi alloggerai a Capannette di Pei, nota un cartello dopo poco sulla sinistra. Avrai in ogni caso ancora un’oretta di cammino, ma puoi gioire: la tappa più dura l’hai portata a casa, ti meriti una sonora birra.

Vista dal Monte Chiappo

2°Tappa – Capannette di Pei – Torriglia (24 km – 9 ore +650mt -1390mt)

Dopo una bella dormita, comincia la routine del camminatore seriale. Bagno, colazione e rimessa in sesto dello zaino. Un saluto nostalgico al posto conquistato il giorno prima e si parte. Il primo tratto è la provinciale che ricollega al più frequentato Capanne di Cosola, incrociamo altri camminatori che scrutano i dettagliati cartelli. Prima parte nel bosco fresco, a breve comincerai a salire verso il Monte Cavalmurone (1670mt).

Il vento la fa da padrone, serve il piumino perché si va oltre il frizzante. Qui godrai di un panorama tra i più affascinanti del cammino, monti in ogni direzione, segui il sentiero in cresta che tra sali e scendi accompagnerà il silenzio di un abbraccio totale alla natura. Rientra nella vegetazione dopo una lunga discesa, preparandoti alla ascesa successiva verso il Monte Carmo, da non confondere con quello di Loano.

Capanne di Cosola
Monte Cavalmurone

Sopra una croce svetta assolata, fatti una pausa e riposati un poco. La siesta svanisce in una lunga discesa che ti porterà a Capanne di Carrega. A metà percorso ci sono delle indicazioni per una fattoria che produce e vende formaggio locale, ne parlano un gran bene. Giunti al valico di Capanne troverai un ristorante, sempre piuttosto affollato, noi pranziamo con due panini dell’albergo di Pei.

La strada riprende esposta al sole, diviene sentiero in leggera salita con delle interessanti panoramiche di valli a sinistra. Tra boschi e cielo passerai per la località tre croci, così chiamata per ricordare tre lavoratori pendolari che rientrando verso l’abitato vennero sorpresi da una tormenta di neve, perdendo la vita per il freddo. Un momento di raccoglimento e la vegetazione di lì a poco ti regalerà una finestra privilegiata sul lago del Brugneto, una distesa turchese che è la principale fonte di acqua dolce del genovese.

L’ultima salita della giornata è quella più frequentata, poiché itinerario di tanti escursionisti giornalieri. Il Monte Antola, che dà il nome all’omonimo parco, svetta sul panorama circostante coi suoi 1597 mt ed è una meta tra le preferite degli appassionati di montagna genovesi. Non è ancora tempo di rilassarsi troppo, mancano ancora tre ore di cammino. Comincia una lunga discesa, la prima parte interamente nel bosco, segui il profumo del verde mescolato a quello distante di un vento salato, ti condurrà a sentieri aperti dove potrai perdere lo sguardo verso il mare in lontananza.

Discesa
Monte Carmo
Verso Carrega

La discesa riprende tosta, l’attenzione deve mantenersi alta perché comincia un tracciato sassoso, che a fine giornata maltratta i piedi già provati dai 20 km percorsi. Incontrerai un punto panoramico con panchina tattica, per goderti qualche minuto di riposo. Cominciano a vedersi dei caseggiati, panni stesi, qualche auto parcheggiata e dei bambini sulle bici rotellate a fare da cornice. Arrivati a Donetta, frazione della tua metà di oggi, imbocca il sentiero finale nella vegetazione, un ultimo sforzo e in una mezz’ora abbondante giungerai finalmente alla bella Torriglia.

Lago del Brugneto

Torriglia

Palazzo in paese
Albergo della Posta

La bella di Torriglia tutti la vogliono ma nessuna la piglia. La filastrocca tramandata nei decenni racconta (forse) la storia di Rosa Garavaglia, ambita da molti spasimanti per la sua avvenenza ma restia alla concessione per l’indole indipendente o per qualche lato oscuro che il tempo alimenta. Un bel ritratto della protagonista è stato dipinto nella piazza Fieschi. Il borgo è davvero piacevole, una strada principale, alcune piccole vie che disegnano il centro e la chiesa parrocchiale di Sant’Onorato di Arles che troneggia sulle basse abitazioni. Il territorio di Torriglia è ampio e compreso nel parco dell’Antola. Pochi gli abitanti rimasti, circa duemila, per un paese che d’estate si ripopola; Torriglia (769mlsm), storicamente è meta delle vacanze dei genovesi amanti della collina tranquilla. La linea ferroviaria che la collegava al capoluogo è una delle più antiche d’Italia.

3°tappa –Torriglia – Uscio (21km – 8 ore +620mt -1300mt)

Cominciamo la terza giornata col rifornimento al mini market del paese (due ottimi panini alla curcuma imbottiti al momento) per riprendere il cammino sulla strada provinciale in leggera salita per uscire dal paese. Passerai una galleria per imboccare il sentiero a destra in salita, al principio un po’ di vegetazione per poi aprirsi, percorrerai dei sali e scendi morbidi con a sinistra una spettacolare vista sulla distesa blu.

I cartelli da seguire sono prima contrassegnati con AVML (alta via dei monti liguri) e poi VM (via del mare). Dopo un lungo tratto in cresta con vista, percorrerai una discesa leggera nel bosco che ti darà un po’ di sollievo dal caldo in una giornata di sole, e alcuni punti ombreggiati per uno spuntino. La discesa termina nel territorio di Lumarzo, noi ci siamo un po’ disorientati qui, ti troverai in un parcheggio con una strada asfaltata che non si capisce in quale direzione prendere.

Verso Lumarzo
Sentiero in Cresta

Vai verso sinistra, prendi il sentiero che lascia la vallata con l’orizzonte marittimo sulla sinistra, la vegetazione anche se un po’ rada ripara dal sole. Poco dopo giungerai all’abitato di Bargagli, il percorso taglia il paese intento nella propria vita, abituata al passaggio dei camminatori. Dopo il monumento degli alpini, comincia una breve discesa che porta alla strada asfaltata, prosegui fino ad incontrare un bar trattoria. Proprio a fianco prendi il sentiero seguendo la VM.

Il percorso sale deciso, si tratta dell’unico tratto del cammino un po’ esposto, nulla di proibitivo, con un po’ di attenzione arriverai in una mezz’ora al Colle de Badò. Qui abbiamo incontrato un vento forte, si tratta di un ottimo posto per fare una pausa se trovi riparo da aria e sole. Vai verso destra seguendo il percorso in cresta verso Case Becco. Sbucherai su una strada statale che ahimè dovrai percorrere per un lungo tratto (si potrebbe rivedere questo pezzo di cammino), non ti far distrarre dal mare sempre più vicino.

Salita al Colle de Badò
Verso Case Becco
La strada percorsa

L’asfalto dura una buona oretta, segui i cartelli per Uscio fino ad incrociare sulla sinistra l’indicazione della via del mare che si addentra su strade bianche molto più sicure per camminare. Venti minuti nel verde per raggiungere la chiesa del paese con relativa fontana. Anche la terza tappa è andata. 

Obiettivo

Tappa 4 – Uscio – Camogli (22km – 6ore +210mt – 650mt)

Colazione e ripartenza per uscire da Uscio, percorri la strada asfaltata verso destra seguendo sempre i cartelli VM. La strada sale lineare e costante tornando indietro, ti troverai sotto a destra l’abitato appena lasciato e la provinciale percorsa poco prima. Arriverai alla Colonia Arnaldi, centro benessere molto strutturato e ben tenuto. Anche se l’idea del relax ozioso balena nella mente, la missione di oggi è un’altra.

Colonia Arnaldi
Sempre più vicino

Dopo un breve tratto di asfalto si torna su un sentiero morbido e in mezzo alla vegetazione, la vista del mare è ormai costante e sempre più tangibile. Il sentiero è battuto, molti liguri camminano su questo percorso in cerca di spiazzi attrezzati per un pranzo all’aperto, noi abbiamo fatto questa tappa nel giorno di pasquetta e il “traffico” è stato intenso. Passerai prima il passo Spinarola e poi del Gallo, qui potrai osservare verso sinistra Rapallo e dalla parte opposta Recco.

Sei sul monte Orsena (615mt), verso la cui sommità parte una scalinata lunga che conduce al santuario di Caravaggio, meta pellegrina con panoramica notevole. Il sentiero prosegue nel bosco, troverai il bivio segnalato che conduce da una parte a Ruta di Camogli e dall’altra a Recco. Segui i due cerchi rossi che indicano il trekking dal centro di Ruta al santuario. Comincia una discesa sassosa impegnativa, ormai ci siamo le gambe andranno da sole.

Passo del Gallo
Sul Monte Orsena

Sbucando sull’abitato ti troverai di fronte la chiesa millenaria del sacro Cuore, luogo di culto risalente al XIII secolo ritratto dello stile romanico. Qui le indicazioni della Via del Mare proseguono per condurti a Portofino, se come noi hai scelto come termine della via Camogli, prendi l’Aurelia a destra e percorrila fino all’abitato. Arrivare al mare questa volta avrà tutt’altro sapore, la salsedine rimembrerà tutto il viaggio.

Camogli

Varianti

Se il punto di partenza è più che conclamato, la Via del Sale prevede una varietà di percorsi diversi in base alla scelta della meta finale. Prime due tappe sono valide per ogni variante, il terzo giorno alcuni concludono il cammino facendo una lunga tappa (28km circa) per arrivare a Recco o a Sori. Aggiungendo un giorno potrai giungere a Camogli o proseguire ancora per qualche chilometro per arrivare a Portofino.

Preparazione fisica

Sulla via del sale ci sono dei dislivelli impegnativi, soprattutto nella prima giornata. Il cammino è adatto a molti ma non proprio a tutti. Se siete sportivi non avrete problemi, dovete avere chiaro cosa vuol dire camminare per 20 km e più al giorno, farlo in salita (e discesa) su terreni non carezza piedi.

Se siete a digiuno di attività fisica provate qualche percorso, possibilmente in mezzo alla natura vicino a casa, testate la gamba e abituatela ai chilometri.

Non serve un allenamento per competere in un iron man ma un po’ di propensione alla fatica, aumentate la soglia di resistenza e il fiato, e lavorate sulla perseveranza: questi percorsi si compiono in larga scala grazie alla motivazione e alla voglia di farcela. Ti assicuro che diventerà dipendenza.

Camogli

Curiosità e pillole

  • I Canestrelli di Torriglia, fiore all’occhiello del paese e di una regione intera, sono dei biscotti dolci tanto semplici quanto buoni. Eccone una Ricetta.
  • Salario parola di origine latina che deriva proprio dal sale. I soldati dell’antica Roma venivano spesso retribuiti col prezioso bene, utile per la conservazione del cibo.
  • I Camogliesi sono dei dolci tipici di Camogli realizzati nel 1970 dal pasticcere Giacomo Revello. Sono dei biscotti alla crema o mandorlati, dei quali la variante più apprezzata è quella al rhum.
  • LaBagna Cauda è una ricetta del basso Piemonte che ha come ingrediente principale le acciughe. La storia vuole che il pesce giungeva nei territori sabaudi proprio grazie alle rotte commerciali istituite per trasporto e il commercio del sale.

Link Utili

Spiaggia di Camogli

Quattro giorni percorsi tra una Natura selvatica e burbera, attraversando un territorio ricco di scorci segna ricordi e di storia. Quattro province attraversate in pochi chilometri che ti faranno toccare con mano l’esistenza effimera di un confine, la consapevolezza che tutti abbiamo i propri luoghi del cuore, che chi passa per conoscere va accolto come un ospite gradito. La Via del Sale parla di mare e di monti, settanta abbondanti chilometri da godersi a pieno, gustando le prelibatezze del territorio, osservando dei luoghi che non vedresti mai se non camminando, cercando di carpire un po’ delle vite in altri contesti rispetto al proprio. Arricchirsi e migliorarsi, guardare da un’altra prospettiva, un processo per me necessario, rammentando che non è l’arrivo il piacere più grande ma il viaggio.

Buon cammino


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Una passeggiata sportiva nella Valle Imagna: il Monte Ocone

Inizio dei Sentieri
  • Altitudine – 1351 m
  • Difficoltà – Escursionista – Facile
  • Dislivello – 150 mt
  • Gruppo montuoso – Prealpi lombarde
  • Rifugi – Ristoro Bar Pertus
  • Periodo dell’anno (consigliato) – Tutto l’anno
  • Tempo di percorrenza – 1,15h da Forcella Alta

Una passeggiata sportiva nella bella valle Imagna, tra le province di Lecco e Bergamo per godersi qualche ora di relax. Il Monte Ocone ci regala una veduta elitaria come diverse cime della zona, un’escursione per tutti gli amanti della montagna senza essere degli scalatori esperti. Prenditi una mezza giornata libera e goditi il panorama.

Il laghetto del Pertus

Come arrivare

Da Milano dirigiti verso nord per imboccare la A51 (tangenziale est). Prosegui in direzione Lecco sino alla fine della statale che diventa dopo Usmate prima la Sp41, e in seguito Sp 342 dir Olginate. Passata la località Fornasetta Superiore alla prima rotonda prendi la prima uscita Sp74 per attraversare il fiume Adda. Alla rotonda imbocca la SS639, passato l’Iperal gira a destra (via F.lli Bonacina e Sp177) verso Torre de Busi. Diventata SP179 la strada comincia a salire, segui le indicazioni Carenno – Località Pertüs. La zona non è molto trafficata, troverai facilmente parcheggio.

Milano 1,40h – Monza 1,15h

Vista dalla Vetta

Brevi cenni geografici

Il Monte Ocone, collocato a sud del Resegone, fa da vetta divisoria tra due valli, Imagna verso Bergamo e quella dell’Adda in direzione Lecco. Verso est il basso lecchese coi suoi laghi, e in direzione opposta le valli verso San Pellegrino terme. Si tratta di una cima raggiungibile facilmente dai capoluoghi lombardi, nonostante questo meno battuta rispetto ad altre dell’alta Brianza, come il Cornizzolo, il San Primo e il Monte Barro.  Con il Monte Linzone (1392 mt), Il Monte Tesoro (1432 mt) e la Corna Camozzera (1452 mt) segna il tratto più a sud della dorsale orobica lecchese.

Escursione

Nel Bosco

Scesi dall’auto, dopo un paio di respiri di aria vera, una rimirata al panorama circostante e una colazione al Bar del Pertus, si parte per questa breve ma piena escursione. Il sentiero 571 e ben segnalato dai cartelli Cai, lasciati il laghetto sulla destra e imbocca la strada ghiaiosa che punta verso il bosco.

Entrato nella vegetazione, composta per lo più da faggi, potrai goderti la camminata tra lievi sali e scendi ombreggiati che doneranno frescura anche nelle torride giornate estive. A sinistra potrai osservare i laghi a sud di Lecco (Garlate, Annone e Pusiano), i quali da ogni angolazione riempiono il panorama pianeggiante e abitato con delle piacevolissime tonalità di blu. Passerai dei caseggiati abbandonati che ti faranno pensare a come potrebbe essere una vita isolata e priva di frenesia.

Dopo tre quarti d’ora di cammino giungerai alla località Convento, una imponente struttura abbandonata che spicca decisamente nella selvaggia zona. Non ho trovato notizie in merito, ma dall’architettura e dal nome si dovrebbe trattare di una costruzione atta al ritiro e alla preghiera. Imbocca il sentiero alla sinistra del convento (588) fino a raggiungere un ponticello di metallo che oltrepassa il passo del Pertus e delinea una immaginaria linea di confine tra le due province lombarde.

Convento

Da qui, parte finale, come in tutti i trekking montani inizia la parte impegnativa. Ultima mezz’ora di salita mediamente difficoltosa, la vegetazione gradualmente abbandonerà lo scenario in favore di rocce e sassi, l’esposizione è totale e preparati a sudare. Sali coi tuoi tempi e con un po’ di necessaria e salutare fatica arriverai ai 1351 metri della vetta. Dalla piccola croce che si eleva dalla cima goditi in ogni direzione lo splendido territorio che ti circonda. Per il ritorno ripercorri lo stesso percorso e occhio alla discesa ripida iniziale

Arrivo in Cima

Le Ferrate

L’Ocone è anche meta dei più adrenalinici appassionati di arrampicata, vi è tracciata una battuta ferrata composta da 11 torrioni. La scalata è impegnativa e indicata ad arrampicatori esperti, se vuoi farti un’idea fatti un giro su questo sito.

La Valle Imagna

La Valle Imagna è un territorio ricco di spunti per ogni interesse legato alla Natura e i suoi derivati. Sport e centri benessere, enogastronomia e relax, cultura e storia, ogni declinazione e ricerca possono essere soddisfatte in questo incontaminato territorio a un’ora da Milano. Vi lascio di seguito qualche sito in merito:

Ponticello sul Passo del Pertus

Con la scusa di un pic-nic all’aria aperta nei mesi estivi e di una camminata nella Natura invernale, prendi in considerazione il Monte Ocone. Facile l’avvicinamento in auto e anche il cammino per buona parte, con la nota dell’ultimo tratto: la salita finale non è da considerarsi una passeggiata sovra pensiero, ma a meno di invalidanti problemi fisici anche i meno allenati potranno farcela. Guarda sempre il meteo della giornata e quello delle precedenti, se ha piovuto per una settimana il terreno sarà scivoloso. Prova questo trekking!

Buon Cammino


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La mia esperienza con l’infortunio: la Rottura del Tendine d’Achille

Qualche consiglio e come l’ho vissuta

La stampella uggiosa

Incipit – Settembre ‘20

Ti senti in forma, corri tre volte a settimana perché non ti è passata la voglia di fare una maratona appena riaprono gli eventi. Poi, ci sono un sacco di trekking in scaletta, ne hai già qualcuno in programma, non vedi l’ora di immergerti ancora nella Natura. Un collega ti chiede: “la organizziamo una partita di calcetto? Una roba tranquilla, tra di noi, senza troppa competizione, per divertirci” (si dice sempre così). Io penso “non gioco a calcio da tre anni ma dai, la gamba e il fiato non mancano, perché no? E poi quando vedo un pallone ritorno istantaneamente dodicenne, mi manca”. Ok, prenotiamo il campo.

Ritrovo, indosso delle scomodissime scarpe da calcetto, corro, un po’ a vuoto perché vero che sono allenato, ma l’inattività calcistica paga dazio e ogni sport ha regole atletiche proprie, si usano muscoli completamente diversi. Mi passano la palla, mi sposto lateralmente per andarle incontro e STACK. Un grosso elastico che si rompe, cado imprecando in uzbeco contro l’ignaro (e innocente) avversario dietro di meno, ma soprattutto verso il fato e me stesso. Tutto inutile, il fatto rimane. Capisco subito l’entità, ho assistito a uno stesso infortunio alcuni anni fa, mi tocco dietro la caviglia e sento molle. Rottura del Tendine d’Achille. In un secondo, per alcuni mesi, si dovrà completamente cambiar direzione.

In ospedale

Accetta e Non perderti d’animo

Pronto soccorso, ricovero in attesa dell’operazione, operazione. Esco e non potendo camminare mi stabilisco a casa dei miei, altra dinamica che alla lunga minerà la mia radicata indipendenza. Mi ritrovo con una gamba fuori uso, poco autonomo e con qualche mese davanti di convalescenza. L’umore è piuttosto a terra, il principio della salita spaventa, ma oramai è successo, indietro non si torna, superato il momento iniziale mi armo di pazienza cerco di sfruttare questo extra bonus di tempo libero per migliorarmi. D’altronde anche durante il lockdown, passata la confusione iniziale, ho cercato di organizzare il tempo per fare quello che mi piace e che durante il frenetico quotidiano faccio davvero fatica a dedicarci del tempo.

Sfrutta il tempo libero

Leggo un libro a settimana, scrivo articoli sul mio blog musicale, e tra una puntura di eparina e una tisana al luppolo mi impegno a fare alcuni esercizi quotidiani, compatibili con la mia limitata mobilità. Tolgo i punti e metto un tutore, che sarà mio compagno di viaggio per tre lunghi mesi. Passano i giorni e comincio anche ad uscire, in stampelle cerco di muovermi una mezz’oretta sia per vivere un po’ di aria aperta e sia perché l’azione fa guarire prima, ricordati che l’immobilità rende la forza di gravità paralisi. Le settimane scorrono tra medi e bassi umorali.

Il fedele Tutore – Robocop spostati

Fai la riabilitazione e segui i consigli

In questi frangenti è importante non bruciare le tappe, seguite sempre i consigli e gli steps prospettati da chi ha studiato l’argomento e ha visto molti infortuni. Purtroppo il tempo è necessario per ritornare come prima, non ci sono scorciatoie. La gradualità della ripresa e l’attenzione possono fare un enorme differenza tra un percorso netto con un recupero completo, e degli strascichi lunghi e dolorosi che non solo non ti fanno ritornare come prima ma che rischiano di farti ricominciare tutto da capo.

I mesi successivi a un grave infortunio sono delicati, la cautela è fondamentale per evitare ricadute, eventi tutt’altro che rari quando non si vede l’ora di tornare alla vita di prima. Tre mesi di stampelle, un paio di settimane senza tutore con il piede gonfio tipo nonna lamentosa, ancora un po’ di zoppia da affaticamento e poi almeno il camminare riprende normalmente. E ora?

La ripresa sportiva

Il fattore psicologico non solo è importante durante la convalescenza per i motivi elencati, ma è fondamentale anche per la ripresa delle attività sportive. Tutt’ora a distanza di due anni, a volte il pensiero mentre corro o vado in montagna, va lì, a quel rumore di elastico rotto che tanto mi ha fatto penare.

La prevenzione come sempre diviene fondamentale, per cui:

  1. Non fare sport sul dolore
  2. Verifica la presenza di piccoli danni prima di fare crack
  3. Fai le terapie che ti vengono assegnate
  4. Esercitati, allungati, rafforzati
  5. Scaldati prima di partire e non strafare
  1. Non fare sport sul dolore

Se senti dei dolori mentre fai un’attività sportiva non insistere, soprattutto se questi diventano reiterati e costanti. Spesso è una questione di tecnica errata o di supporti (calzature in particolare) non adatti alla tua struttura. Informati e intervieni con l’aiuto degli esperti, se corri, ci sono molti negozi che ti fanno un test dell’appoggio per consigliarti le scarpe più adatte. Io mi sono trovato bene da Runner Store a Milano.

2. Verifica la presenza di piccoli danni prima di fare crack

Non rimandare delle visite, lo sport è importantissimo per il nostro benessere psicofisico ma va svolto con criterio. Approfondisci i fastidi e vai alla causa del problema, non usare palliativi come medicinali o antidolorifici, è come mettere un pezzo nastro adesivo sulla spia dell’olio accesa.

3. Fai le terapie che ti vengono assegnate

Fermati se necessario per un periodo e ascolta i suggerimenti dei professionisti, alleggerisci i carichi, testa gli esercizi e fatti un’idea tua. Ricorda che nessuno conosce meglio di te il tuo corpo.

4. Esercitati, allungati, rafforzati

Dopo un problema, soprattutto se lungo, scoprirai l’importanza del rafforzamento muscolare, dell’allungamento e dell’elasticità anche tendinea. Prendi l’abitudine di fare degli esercizi quotidiani come lo stretching, gli squat, le flessioni e mi raccomando, cura la postura, bastano dieci minuti giornalieri per cambiarti la vita (non solo quella sportiva).

5. Scaldati prima di partire e non strafare

Perdi anche solo 5 minuti prima di un’attività per scaldarti e allungarti. Quando hai bisogno di scaricarti o hai molta voglia di sport, partire a cento viene facile ma ricorda, i benefici si hanno con l’attività prolungata non con uno scatto di cento metri.

Con l’età, ahimè, tutte queste accortezze devono diventare verbo. La nostra macchina perfetta non più la funzionalità dei vent’anni, l’accelerazione deve avvenire in modo più graduale. Cerca di fare sport in mezzo alla Natura, all’aperto, ti riapproprierai delle stagioni e godrai a pieno dei benefici di alzare i battiti. Siamo fatti per stare in piedi e camminare, non per stare dieci ore davanti a uno schermo.

La prima corsa dopo la ripresa

Se stai fermo non succede mai niente

Seppure l’esperienza sia stata generata da un episodio di cui avrei fatto decisamente a meno, porto i mesi passati come un monito per vivere meglio. La fermata forzata mi ha riportato a un’ottica diversa, fuori dalla routine che travolge tutto e che dà poco spazio all’introspezione, momenti che normalmente faccio(facciamo) fatica a ritagliarmi. Ripenso a quei mesi come a un lungo esame di coscienza che (spero) mi abbia migliorato, ridestato una curiosità vivace e dato una spinta a qualche sogno nel cassetto.

Se è successo, dopo i comprensibili rosari iniziali, sfrutta al meglio il tempo, sii costante e fai tutto con calma. Guarda l’incidente come un’opportunità e apriti nuove porte. Ne varrà sempre la pena.

Buon cammino 


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La cima degli sportivi – Salita al Monte Cornizzolo

Un trekking facile per godersi la Natura e una vista mozzafiato

Vista dalla vetta
  • Altitudine – 1241 mt
  • Difficoltà – Escursionista          
  • Dislivello – 583 mt
  • Gruppo montuoso – Prealpi Lombarde
  • Rifugi – Rifugio Sec Marisa Consigliere (1109 mt)
  • Periodo dell’anno (consigliato) – Tutto l’anno
  • Tempo di percorrenza – 2 ore da Eupilio

Un’escursione ideale per chi vuole lasciare in pianura l’aria inquinata, i ritmi frenetici e i pochi colori delle città. Il Monte Cornizzolo è una cima che offre molte alternative per gli sportivi di ogni età e preparazione, l’ascesa può avere svariate sfaccettature. Trekking, Mountain Bike, trail running e parapendio trovano nella montagna una varietà di percorsi molto stimolanti per allenarsi o semplicemente godersi la natura. Ti parlerò dell’escursione da Eupilio, la più battuta per raggiungere la croce in vetta. Enjoy!

Brevi Cenni geografici

Il Cornizzolo, dirimpettaio del Monte Rai, regala una visuale a 360° piena di panorami a cui dedicare dei frames della nostra memoria. A sud i laghi di Pusiano e Annone, a nord le Alpi Valtellinese e Svizzere, a est il Resegone e il lago di Garlate e infine verso ovest la parte occidentale del triangolo lariano, di cui è l’ottava vetta per altezza. A metà tra le province Como e Lecco, la vetta abbraccia ben sette amministrazioni comunali.

Il Monte Rai

Brevi cenni storici

Sono stati ritrovate delle tracce della presenza dell’uomo risalenti all’era Mesolitica. Segni chiari di accampamenti di cacciatori preistorici, incisioni rupestri, ossa umane e animali confermano la vita sul monte già più di 7000 anni fa. Considerata una montagna di culto, vi è posta sulla sua sommità una croce in ferro battuto, che sostituisce quella in pietra che svettava in antichità (conservata sul piano del Cornizzolo).

Come arrivare

Milano Monza – Dirigiti verso nord per imboccare la SS36(in gergo Valassina), continua in direzione Lecco fino all’uscita Annone Brianza. Allo svincolo gira a sx seguendo le indicazioni prima per Como (sp49), e a seguire per Eupilio. Sali i tornanti della SP42 (Via Roma che diventa via Cornizzolo), la strada si fa stretta, occhio che è doppio senso di marcia. Qualche centinaio di metri prima di giungere alla Trattoria Brianzola al principio della salita (il parcheggio è riservato ai clienti), ci sono dei posti liberi (dai un occhio alla traccia;))dove lasciare l’auto e la pigrizia.

Milano 1h,30 – Monza 1h

L’escursione da eupilio

Lasciata l’automobile, prendi l’unica strada asfaltata che salendo, ti porterà in una decina di minuti alla Trattoria. Superato l’edificio si presenta poco dopo una sbarra che impedisce il transito veicolare, da qui avrai due alternative: proseguire sulla morbida strada asfaltata che sale in maniera costante, o cercare un sentiero che percorre la cresta della montagna (difficoltà maggiore).

La prima parte della sgambata è immersa nel bosco la vegetazione piuttosto fitta e l’ombra non manca. Dopo una mezz’oretta lo scenario si apre, il percorso diviene esposto con l’occhio che ringrazia per gli scorci sui laghi a sud, ma nelle giornate più calde, il sole non ti darà tregua. La salita prosegue lineare, nel mio caso sono partito dalla pianura in una fredda e nebbiosa giornata autunnale e, salendo di quota ho meravigliosamente scoperto un cielo assolato e terso, che guardando a valle mi ha regalato la sensazione di stare letteralmente sopra le nuvole.

Salendo di quota potrai facilmente imbatterti in alcuni amanti del parapendio che attendono il vento giusto, difatti il Cornizzolo è uno delle mete preferite dagli appassionati. La strada rientra sulla sinistra, abbandoniamo per poco la splendida vista verso la brianza, e proseguendo di buon passo vedrai sopraggiungere la visuale di un grosso edificio bianco e rosso. L’enorme rifugio Maria Consiglieri troneggia alle pendici del monte, aperto il mercoledì e la domenica offre una cucina e anche 16 posti letto. Poco più avanti una chiesetta in pietra, ma non ti rilassare troppo la vetta è ancora da raggiungere.

Verso Sud

Dal rifugio guarda in alto a sinistra per scorgere la croce, non ti spaventare la pendenza è gagliarda ma vedrai che ce la farai senza problemi. Per percorrere i trecento metri finali occorreranno circa venti minuti, sia per la pendenza e sia per la cautela necessaria a non correre rischi. Sterrato e roccioso, l’ultimo tratto spremerà le tue gocce di sudore, aumenterà i battiti che impiegheranno un po’ prima di riprendere la normalità, più che per la fatica per lo stupore che ti coglierà una volta arrivata/o. La salita al Monte Cornizzolo è giunta a conclusione, dalla vetta potrai osservare in ogni direzione il territorio circostante, l’autostima per la scalata donerà ulteriore lustro a quello che vedrai. Per il ritorno ripercorri lo stesso tratto, scendendo sarai più veloce e in 1h,30 rientrerai alla macchina.

Lago di Lecco

Varianti per la salita al Cornizzolo

Puoi raggiungere la cima partendo anche dalle località Gajum di Canzo, Civate e Suello. Io non ho effettuato i percorsi, ma leggendo scopro che le prime due escursioni (Gajum e Civate) non differiscono molto come pendenza e durata di quella da Eupilio. Da Suello invece parte la direttissima che in 2,5 km ti porterà alla vetta, percorrendo meno strada ma affrontando una pendenza decisamente più impegnativa.

Sopra le nuvole

Ricaricarsi con la Natura

Una giornata speciale, da ricordare. Lasciarsi alle spalle un cielo grigio novembrino e una settimana lavorativa lunga, con poche soddisfazioni. Andare un po’ più su per osservare da una diversa prospettiva l’ambiente circostante, trovare un bel sole caldo e lo splendido regalo di osservare le nuvole dall’alto. La salita al Monte Cornizzolo è un’escursione piuttosto facile, donando soddisfazioni che ampiamente ripagano la fatica. Organizza una giornata piena di bellezza, sali in vetta e goditi una mezz’oretta di quiete osservando la natura che ti circonda, ti assicuro che sarà meglio di qualsiasi programma televisivo.

Croce in vetta

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Escursione tra Natura e Storia – Il Monte Barro

La vista Sud dalla Vetta
  • Altitudine – 922 mt
  • Difficoltà – Escursionista          
  • Dislivello – 551 mt
  • Gruppo montuoso – Prealpi Luganesi
  • Rifugi – Eremo del Monte Barro
  • Periodo dell’anno (consigliato) – Tutto l’anno
  • Tempo di percorrenza – 1,30 da Galbiate

Vuoi fare un’escursione breve, adatta a tutti e con una bella panoramica vicino alla Brianza cittadina? Il Monte Barro offre una rete di sentieri per ogni gamba, un trekking tra natura e Storia. La sua prominenza non elevata viene incontro anche ai meno allenati. La ricompensa sarà uno scorcio dalla cima su ben quattro laghi lecchesi, quindi, prepara lo zaino e goditi i passi.

Come arrivare

Da Milano/Monza: dirigiti verso nord e prendi la ss36(valassina), prosegui in direzione Lecco fino all’uscita Civate. Segui il raccordo e svolta a dx in via Monte Oliveto che diventa dopo poco Via Solaro. Allo stop gira a sx e prendi Via Como, continua fino a svoltare a sx per prendere Via Monte Barro. Segui le indicazioni per il parcheggio del monte.

1h da Monza – 1,30h da Milano

Brevi cenni geografici

La Montagna di Galbiate, nome alternativo della cima, coi suoi 922mt di altitudine offre ai camminatori una serie di vedute suggestive, potrai godere di un luogo privilegiato per osservare i laghi di Annone e Pusiano a sud ovest e Garlate a est. Verso nord Lecco e il principio del lago caro al Manzoni. Il Monte fa parte della sezione delle prealpi luganesi, si tratta di una delle prime cime che si incontrano provenendo da Milano verso nord

Laghi di Annone e Pusiano

Brevi cenni storici

Sono tutt’ora in essere degli scavi archeologici nell’area, negli anni passati sono stati rinvenuti diversi oggetti originari del medioevo. I resti di una torre hanno condotto e alimentato le ricerche, una cinta muraria collegata ad essa e uno sparuto gruppo di abitazioni sono le deduzioni collegate alla scoperta. L’area era(è) particolarmente strategica, poiché la visuale sulle principali vie di comunicazione, Lecco e l’area del Adda, la fecero scegliere dalle popolazioni conquistatrici come sito di controllo. Molti reperti sono conservati nel museo organizzato all’interno dell’Eremo.

Museo archeologico del Monte

Il museo presso l’eremo (790mt) è intitolato al Prof. Giuseppe Panzeri, principale artefice della costituzione del sito archeologico. Diversi i reperti esposti appartenenti ai Goti, popolazione germanica insediatasi in zona a cavallo tra il IV e V secolo dc. Per i dettagli ti invito a dare un’occhiata al sito del museo. L’eremo offre anche un bar, e un ristorante dove è fondamentale prenotare dato che non sempre in servizio.

La salita verso l’eremo

Escursione

Parcheggiata l’auto, segui i cartelli marroni e comincia a salire. Il Percorso è ben segnalato, e si sviluppa nel bosco con buona parte di ombra nella prima tratta. Lasciati alle spalle le ultime abitazioni, dove gli animali vengono allevati con la lentezza necessaria, offrendogli l’opportunità di scorrazzare in un contesto adatto alla loro natura libera.

Fondo in principio di asfalto per diventare un percorso di pietre ben curato e pensato (c’è anche il corrimano). Dopo una mezz’oretta si giunge al primo bel quadro verso i piccoli laghi a sud, una panchina intima alla sosta non per fatica ma per bellezza. Prosegui ringalluzzito verso l’eremo e curiosa dentro e nei dintorni, dove è stato eretto il santuario della Madonna del Giglio, graziosa chiesetta per un passaggio di spiritualità d’altura.

Ora comincia il vero e proprio trekking montanaro, la strada sale e anche la vegetazione cambia. Al bivio puoi procedere verso il giardino botanico (gradevole un giretto anche lì) per un tracciato più irto, oppure prendere la strada che sale più dolcemente. I due percorsi si ricongiungono poco più avanti. L’aria è fresca sul viso, il sole scalda e libera la vitamina D, l’ultimo tratto è tutto esposto. Il quarto d’ora finale è decisamente il più impegnativo, roccia e pochi appigli, con calma e con l’uso delle mani (non serve Messner eh) goditi la fatica perché la croce della cima è lì che ti guarda. Ad aspettarti la soddisfazione di un già citato panorama, e ricordati che un panino con una vista del genere diventa gourmet.

La Croce in Vetta

Storia, natura, sport, bellezza, l’escursione al Monte Barro ti regala una splendida (mezza) giornata, ricca di spunti per soddisfare tante inclinazione e ricerche. Uno svago temporaneo, una passeggiata che conduce in un oretta abbondante ad una vetta raggiungibile facilmente, che può rivelarsi un battesimo vincente per chi si avvicina al trekking. Invece del centro commerciale pensa a un sabato mattina diverso, prova a salire sul Monte barro, non te ne pentirai.

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Il primo passo – Com’è nata la voglia di camminare

Tra il passo della Cisa e Pontremoli

Ripensare a come è nata la voglia di camminare stampa sul mio viso un sorriso compiaciuto. Dal primo passo alle centinaia di chilometri percorsi, i colori, i panorami e i visi incrociati sono davvero molti. Cominciò tutto quasi per caso, un pomeriggio noioso di inizio estate. Le vacanze erano vicine, il profumo di “libertà” nell’aria, sentivo forte il bisogno di sfruttare il tanto agognato tempo libero. Non ho mai sentito nelle mie corde il passare 15/20 giorni nella medesima località di villeggiatura, stessa spiaggia stesso mare è terminato con la prima adolescenza.

La voglia di girare, di cambiare posto, di vedere paesaggi e paesi diversi sono probabilmente figli di una curiosità vorace e di una voglia di conoscere innata, alimentata dal passare degli anni. In quel momento dovevo congelare, almeno per un periodo, gli usi e costumi da “grigio pendolare” e dare ossigeno al cervello anestetizzato dalla routine. Sta di fatto che una serie di informazioni latenti nella mia testa mi fecero digitare sull’onnisciente Google: turismo lento.

Scoprire l’universo dei Cammini

I risultati della ricerca esibirono articoli interessanti, promuovendo un tipo di vacanza diversa e la crescita importante che questo modo di viaggiare stava avendo negli ultimi anni. Andare da A a B con la sola forza del proprio corpo e senza combustione, utilizzare il tempo per muoversi e non solamente per oziare. I cammini sono tra i viaggi più comuni per gli amanti del genere, su tutti il Cammino di Santiago, nelle sue numerose varianti è senza dubbio il più famoso. Da buon bastian contrario non volevo fare il più comune. Scoprii che avevamo uno splendido e meno conosciuto cammino in Italia, la Via Francigena.

La Francigena in Toscana

Il mio navigare proseguì con la lettura di alcuni articoli a riguardo, testimonianze e suggerimenti, l’idea mi incuriosiva sempre di più, pensavo spesso in quei giorni se provare o meno, anche se col senno di poi la decisione in fondo era già stata presa. La parte italiana del percorso (la via comincia da Canterbury in Inghilterra) parte dal passo del Gran San Bernardo e arriva a Roma. Il tempo per percorrerla tutta non l’avevo, dato che si parlava di 1000km divisi in 45 tappe (canoniche), elemento che sommato all’ignoto prospetto del viaggio e al timore di tornare più stanco della partenza mi fecero optare per una settimana, un tratto. Anche qui l’istinto fu padrone, l’occhio brillò su Fidenza (relativamente vicina) dove decisi di partire per giungere in sette giorni a Massa, una parte tra le più apprezzate in base alle esperienze altrui.

Stazione di Fidenza

Preparazione del materiale da portare, leggevo e m’informavo, rispolverai lo zaino dell’interrail di venti anni prima, chiamate alle strutture dove avevo intenzione di pernottare e scarico dell’ottima app gratuita. La voglia di avventura era forte, minata però da numerose paure e ansie, blocchi che verranno spazzati via dopo un paio di giorni di cammino.

Quando si prende il ritmo non ci si ferma più

Ancora non sapevo che la Via Francigena mi avrebbe cambiato il modo di affrontare la vita, non sapevo che mi sarebbe piaciuta talmente tanto l’esperienza che nel successivo anno sarei riuscito a percorrerla tutta in vari periodi (dovevo e devo far coesistere la voglia di camminare col lavoro), guadagnando una nuova fiducia in me stesso e soprattutto nel prossimo.

Questo viaggio mi regalò la consapevolezza che camminare risolve molte ansie inutili, alleggerisce lo spirito e droga naturalmente l’umore. Stare a contatto diretto con la natura, avere il cielo sopra la testa per buona parte della giornata sono condizioni ideali per l’essere umano, quantomeno sono le mie. Avevo piacevolmente scoperto che non c’è bisogno sempre di qualcuno per fare quello che vorrei, basta farlo, perché ognuno è l’artefice del proprio operato, per quanto minato e congestionato, per quanto difficile e pieno di ostacoli, la volontà di cambiare o di fare deve nascere da dentro, sempre. Quindi un passo alla volta, l’importante è partire, il resto verrà da sé.


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