Dopo l’elenco generale, in questa pagina ti descriverò, articolo per articolo, come valutare la scelta dell’abbigliamento per il trekking anche in base alla durata del percorso che vorrai affrontare.
T-Shirt per camminare
Che sia in estate o in inverno una maglietta come primo o unico strato superiore la metterai sempre. Nel proprio armadio di abbigliamento da trekking, qualcuno predilige le camicie, io sinceramente no, mi sento più libero nei movimenti con una T-shirt. Si possono trovare degli ottimi prodotti a pochi euro, importanti sono la traspirabilità e la capacità di asciugarsi velocemente, per questo delle magliette tecniche sono l’ideale. Ne esistono di dedicate per il trekking che costano un po’ di più, io uso quelle con cui solitamente corro.
Con una decina di euro si hanno indumenti di buon livello, efficaci per il camminare anche con abbondante sudorazione. Anche per gli hiking in giornata consiglio di portare una maglietta di ricambio, poco salutare (e social) rimanere pezzati una volta arrivati, quando riprendiamo l’auto o il treno tornare a casa. Per quanto riguarda i lunghi cammini tre è il numero perfetto, compresa quella che si ha indosso. Anche se stiamo via più settimane riusciremo quasi sempre a dare una ripulita alle magliette sporche, grazie alle strutture dove alloggeremo dotate di lavabi dedicati e al sapone di Marsiglia portato da casa. Alcune accoglienze sono provviste di lavatrici a gettoni.
T-Shirt per la notte
Le t-shirt tecniche sono ideali per il giorno ma per il sonno ristoratore consiglio una maglietta di cotone, non servono particolari caratteristiche, va benissimo una che solitamente usi nel quotidiano. Il comfort del cotone allevia il contatto con la pelle, sono più comode e meno attillate con conseguente maggior libertà di movimento. Anche a livello psicologico dormire con un capo differente da quello usato per la fatica, favorisce lo stacco mentale e il conseguente riposo.
Sentiero del Viandante
Pile o Felpa
Anche d’estate potrai soffrire il freddo, in particolar modo se ti troverai sopra i sette/ottocento metri. Mentre cammini in una giornata di sole difficilmente ti servirà un indumento che riscaldi, ma una volta fermo durante il relax serale tornerà spesso utile. Pur non amandolo, il pile èun tessuto leggero che mantiene il calore corporeo, non serve anche qui spendere troppi euro se viene usato per il relax serale o per dormire. Il discorso cambia se utilizzerai il capo durante il cammino, qui occorrerà comprarne uno con caratteristiche di traspirabilità onde evitare condensa ed eccessiva sudorazione, dovrai spendere qualcosa in più. In alternativa una più stilosa felpa è sempre apprezzata, con la controindicazione che occupa più spazio nello zaino, ma d’altronde per un outfit di livello dovrai pagare dazio
Pellegrini sulla Francigena
Pantaloncini Corti
Un po’ come Tomas Milian io soffro il freddo quasi esclusivamente nella parte superiore del corpo (a parte i piedi che sono una delle prime parti che si raffreddano). In generale, tralasciando i mesi più freddi, prediligo i pantaloncini corti, comodi e ben areati, forniti di un paio di tasche con zip (più pratica) o con bottoni per chiuderle. Occhio al contesto, se sai che camminerai in una vegetazione fitta e con rovi è consigliabile utilizzare dei pantaloni lunghi, così come se hai una pelle molto sensibile al sole, che esposta ai raggi per molte ore e più giorni potrebbe irritarsi e compromettere il tuo cammino. Nell’ultimo caso l’ideale è alternare lunghi corti, in ogni caso ognuno conosce il proprio corpo e le sue reazioni, l’importante è ascoltarlo sempre.
Pantaloni Lunghi
Come già esposto nei trafiletto precedente, i pantaloni lunghi sono ideali per proteggerci in alcune situazioni dove le nostre gambe possono essere esposte ad agenti esterni. Importanti in inverno per il clima rigido, sono sempre da mettere nello zaino anche nelle altre stagioni, un piccolo peso in più per ogni evenienza. Esistono modelli con pratiche zip per togliere la parte inferiore delle gambe passando da gamba lunga a corta, per un pit stop veloce nelle giornate con escursione termica rilevante sono molto pratici. Come per tutto il tuo abbigliamento per il trekking, anche qui comodità, leggerezza e traspirabilità sono fondamentali, dei pantaloni tecnici discreti possiamo acquistarli per 35/40€, comprensivi di pratiche tasche laterali e dietro. Sono un amante delle tasche, ma evito di riempire troppo quelle sui pantaloni per non limitare il movimento, di solito tengo solo lo smartphone e un pacchetto di fazzoletti.
Mutande
Come per quanto riguarda le magliette e le calze, la quantità ideale per i cammini di più giorni è tre, compresa quella che indossiamo. Esistono pantaloni sia corti che lunghi con la mutanda integrata, concepita per evitare sfregamenti e irritazioni, sinceramente non li ho mai provati. Uso dei boxer in cotone normalissimi, non ho particolari problemi, l’importante e che siano aderenti.
Via del Sale
Calze
Per più giorni di trekking la solita regola delle tre paia, compresa quella indossata. Sulle calze, come sulle scarpe, non dobbiamo risparmiare, tieni conto che terranno al riparo il tuo motore quotidiano, i piedi. Dovranno prevenire vesciche e irritazioni, importante avere rinforzi su tallone e dita. Sconsiglio calze troppo corte, poiché alla lunga entrerà di tutto, sassolini, terra, foglie…5/10 centimetri sopra la caviglia bastano. Con 7/8 euro si possono acquistare dei buoni calzini tecnici adatti al trekking.
Giacca Antipioggia
Fondamentale nel tuo abbigliamento da trekking. Ovviamente noi guardiamo le previsioni prima di partire, ma dopo qualche giorno di cammino, con lo spirito che la prende con maggiore calma e un po’ come viene, magari non baderemo al meteo. Importante è avere nello zaino una giacca waterproof, nel caso venissimo sorpresi dalla pioggia. Qui lesinare troppo sul prezzo ti porterebbe a un prodotto che magari ripara dall’acqua ma ti lava completamente all’interno, non traspirando e facendoti sudare copiosamente. Consiglio quindi di spendere qualche euro in più per un prodotto tecnico e più duraturo.
Vercellese
Cappello o Bandana
Il cappello, con visiera o falde, ti ripara dai raggi solari e produce anche un po’ di ombra su faccia e collo. La bandana ripara esclusivamente la testa dal sole diretto, ma fa molto più battaglia. La tolleranza al sole e il gusto personale, influenzerà la tua scelta, se vorrai ottenere la massima copertura consiglio un cappello da pescatore o alla Indiana Jones, esiste addirittura qualcuno che cammina con l’ombrello. In ogni caso ti servirà sempre un indumento che protegga il capo dal sole, in ogni condizione atmosferica e a ogni latitudine.
Occhiali da Sole
Come la tua testa, anche e forse più, gli occhi vanno riparati. Stare diverse ore sotto i raggi solari senza riparo ti farebbe venire un taglio di occhi alla Clint Eastwood permanente, che per quanto fascino possa donarti, comprometterebbe la vista e il quotidiano. Per gli occhiali anche qui il tuo gusto la farà da padrone, ce ne sono davvero un’infinità a prezzi abbordabili. Consiglio comunque una buona resistenza, dato che non verranno trattati benissimo tra metti e togli nello zaino, e una lente ampia che ha maggior campo protettivo.
Ciabatte
Anche queste importantissime per diversi motivi, innanzitutto igienico. I luoghi dove pernotterai, per quanto possano essere gestiti a dovere e puliti, avranno dei bagni dove transiteranno diverse persone, normale che la promiscuità possa provocare maggiori rischi per la salute. Per questo avere delle ciabatte per fare la doccia elimina il problema di funghi o problemi epidermici al piede. Altra motivazione importante e il riposo. Dopo aver camminato 20/25/30 km avrai la necessità di togliere le scarpe e far riposare il piede, per questo le ciabatte sono comodissime per muoversi una volta arrivati a destinazione. Dei sandali fanno lo stesso lavoro e probabilmente, io non li uso, sono anche più comodi. Ovviamente se il clima serale è freddo, dovrai usare delle calzature chiuse anche alla sera, ma nello zaino non ci sarà spazio per un paio in più, dai una pulita alle tue compagne quotidiane e usa quelle. Di certo non avrai voglia di camminare molto.
Verso il Ghiacciaio dei Ventina
Piumino
Accessorio da prendere in considerazione per i mesi freddi, necessario per ripararti dalle temperature basse e dal vento. Qui la fascia di prezzo è molto ampia, più si ha voglia di investire e migliore sarà la qualità. Se non cammini molto in inverno, non spendere troppo per un prodotto super tecnico, con 50€ puoi recuperare un piumino che fa il suo dovere. Anche qui la traspirabilità è importante, muovendoci suderemo anche col freddo, areare il tuo comfort ti farà proseguire con più tranquillità.
Guanti
Indumento da ricordarsi nei mesi più freddi per tenere al caldo le nostre preziose mani. Poco indicato camminare tenendole in tasca, avremmo meno equilibrio e creerebbero un minimo impedimento nei movimenti. Non serve spendere molto, un paio di guanti tecnici per il running vanno più che bene.
Costume
Non è un accessorio indispensabile ma io lo porto sempre, perché non vorrei trovarmi nella situazione di poter fare un bagno, mare, fiume, lago o piscina, e non averlo. Molti se ne fregano e fanno comunque un tuffo in mutande, perché no, dipende dal tuo pudore e dalla voglia o meno di infilare nello zaino un indumento in più
Scarpe da Trekking
Per le regine dei tuoi trekking scriveremo un articolo a parte. Stay Tuned!
Sul Monte Boletto
Testa e prova varie soluzioni, scopri con l’esperienza quello che fa più al caso tuo, viaggia leggero ma non dimenticare nulla di importante. Vestiti nel modo più consono per Te e goditi il viaggio.
Una camminata nella Val Monastero a due passi dal lago di Lecco
La Cascata
Altitudine – 614 mt
Difficoltà – Escursionista – Facile
Dislivello – 410 mt
Gruppo montuoso – Gruppo delle Grigne
Periodo dell’anno (consigliato) – tutto l’anno
Tempo di percorrenza – 2h a/r
Le cascate del Cenghen ti doneranno una camminata rinfrescante senza troppe difficoltà, una meta facilmente raggiungibile col finale, se la percorrerai in estate, di un bagno nel lago. Cosa chiedere di più a un sabato mattina libero? Scoprirai un refrigerio naturale lontano dal caos e senza macinare troppi chilometri, un trekking facile e adatto a tutti che ti immergerà nei boschi lecchesi senza perderti alcuni scorci panoramici sul Lago.
Come arrivare
In auto da Monza/Milano prendere la statale SS36 (valassina) sino a Lecco per poi seguire la superstrada verso Colico. Imbocca la prima uscita Abbadia Lariana, nei pressi della stazione ci sono alcuni parcheggi liberi.
In treno dovrai arrivare a Lecco con le direttrici S7-S8. Giuntɘ nel capoluogo prendi il treno per Tirano, la prima fermata sarà Abbadia.
Cenni Geografici
Le cascate del Cenghen, in realtà la cascata, si trova nella val Monasterocon alle spalle il gruppo delle Grigne. Il torrente che alimenta il flusso d’acqua si chiama Zerbo, dalla gola che ospita la cascata potrai osservare un salto di 50 metri che sfocia in un piccolo laghetto, non balneabile per motivi di sicurezza.
Attrezzatura
Non serve attrezzatura specifica, basta avere pochi accorgimenti. Porta sempre con te almeno mezzo litro di acqua e qualche snack, non si mai un calo di zuccheri. Dei bastoni possono sempre essere utili, la strada è in salita (discesa al ritorno) e ti daranno supporto. Mi raccomando non improvvisare mai i trekking con calzature non adatte o addirittura ciabatte, seppur brevi vanno usate delle scarpe dotate del grip necessario per i terreni accidentati. Porta una maglia a maniche lunghe anche in estate, potrebbe servirti arrivitɘ alla cascata.
Prima salita
Varianti
Varianti
Il percorso per giungere alle cascate non è uno solo, ci sono tre possibili punti di partenza, qui sotto li elenco ma espliciterò solo quello che ho fatto io partendo da Abbadia.
Giro ad anello
Da Abbadia
Da Mandello del Lario
Escursione alle Cascate del Cenghen
La partenza per le Cascate del Cenghen è la stazione di Abbadia Lariana, dovrai seguire i cartelli del Sentiero del Viandante. Bisogna percorrere un tratto del percorso che arriva sino a Colico, dopo poco un cartello artigianale indica un tratturo per le cascate, si tratta di un anello che compie un percorso circolare scendendo al rientro dalla frazione Linzanico. Io proseguo come suggerito da un passante e dopo una decina di minuti si trova l’indicazione per la via più battuta.
Il sentiero sale costantemente, i caseggiati si diradano e la vegetazione diventa protagonista, il rumore delle strade si perde dando spazio al tuo respiro. Dopo la prima salita ci sarà una bella visuale, uno scorcio di lago, sarai su dei bei prati con alberi da frutto sparsi sul terreno. Qui termina la parte esposta, da qui proseguirai completamente immersɘ nel bosco, una manna se percorrerai il trekking nei mesi più caldi. Continua dolcemente a salire, la strada non è molta ma il dislivello non manca. Il sentiero si restringe un poco ma rimane confortevole, una gradinata di legno e pietra ti fare guadagnare ulteriore altitudine.
Ora sei in quota, il ruscello sbucherà alla tua destra, dovrai risalirlo su un percorso molto pietroso. Ormai ci sei, la temperatura scenderà di parecchi gradi e la cascata si mostrerà nella sua magnificenza. Passare una mezz’oretta guardando l’acqua scorrere in un luogo senza traccia dell’intervento umano, ti ricaricherà completamente le batterie. Nei periodi estivi la portata potrebbe essere ridotta per via delle poche precipitazioni, un po’ meno spettacolare ma non meno affascinante.
Abbadia Lariana
Vista dalla Spiaggia
Il primo paese passata Lecco offre una delle spiagge più grandi attrezzate del lato est del Lago di Como, grazie allo spazio piuttosto comodo e ai molti sevizi diventa molto frequentata nei mesi estivi. Deve il suo nome alla presenza di un Abbazia risalente al 1200, ormai soppressa, alcune tracce si possono trovare nella Chiesa di San Lorenzo. Nel comune è presente il museo civico Setificio Monti, ricavato in un antico opificio offre la possibilità di visitare molti macchinari delle antiche tessiture. Da Abbadia parte il Sentiero del Viandante, cammino a tappe che termina a Piantedo, al principio della Valtellina. Dal comune comincia anche un percorso che in tre ore buone porta ai Piani dei Resinelli, ampio spiazzo con vista, tipica escursione di lecchesi e non.
L’escursione alle Cascate del Cenghen ti offrirà l’opportunità di vivere mezza giornata completamente immerso nella Natura. Il sentiero in salita che ricorda ascese montane, la vegetazione avvolgente che ripara dal sole e riempie occhi e polmoni, panoramiche sul lago a bassa quota ma sempre appaganti, il finale di una cascata rilassante da osservare rilassato. Tutto questo senza la fatica di ore e ore di cammino, con poco sforzo ti godrai il trekking, rendendoti conto che spesso basta poco per staccare la spina. Consigliatissimo a tutti.
La Via Julia Augusta è un trekking facile, adatto a tutti, con poco dislivello e su fondo non impegnativo. Tra andata e ritorno sono circa 11 chilometri, non una distanza proibitiva, di certo il panorama ti farà passare qualsiasi accenno di fatica.
Selciato originale
Difficoltà – Facile
Periodo dell’anno (consigliato) – Tutto l’anno
Tempo di percorrenza – 2 h andata
Partire da Albenga con destinazione Alassio, ripercorrere la via Julia Augusta, un tracciato che seppur breve ha nel selciato rimasto delle radici millenarie, che rimandano a un’epoca gloriosa di una civiltà unica, riallinea il pensiero con la storia di un paese che non ha eguali nell’arte del creare. Farlo con la visuale blu di uno splendido mare allieterebbe anche un iroso guerrafondaio. Cinque chilometri e mezzo da camminare con in una mano la macchina fotografica e nell’altra un pezzo di focaccia.
Come Arrivare
Il percorso si può fruire indipendentemente sia partendo da Albenga che da Alassio. In auto per raggiungere entrambe le cittadine uscire al casello di Albenga sulla Genova-Ventimiglia (A10), per Alassio è necessario percorrere un tratto dell’Aurelia (SS1).
In treno da Milano ci sono alcuni diretti in partenza da Centrale, altrimenti molte più soluzioni con cambio a Genova da dove parte il regionale che conduce a buona parte dei paesi della costa.
Cartello al principio del percorso
Storia
Nel 14 a.C. le truppe dell’imperatore Augusto sconfissero le limitate resistenze delle tribù liguri, dando come naturale conseguenza l’esigenza di un passaggio verso la Gallia. L’anno successivo cominciarono i lavori per la strada, che omaggiò l’imperatore stesso e uno dei suoi predecessori Giulio Cesare, denominando la via Julia Augusta.
Il percorso voleva collegare la pianura padana all’attuale Francia, partendo da Piacenza per arrivare a Arles, risultando di fatto un proseguimento della già esistente via Aurelia. Dopo la caduta dell’impero la via venne mantenuta viva dai passaggi commerciali tra l’entroterra e le coste, oltre che come percorso pellegrino. Col tardo medioevo ci fu un progressivo abbandono con la perdita della quasi totalità delle tracce storiche.
Albenga
La città degli ingauni merita una visita, rigorosamente a piedi, in particolar modo per il suo ben tenuto centro storico, uno dei più caratteristici di tutta la riviera di ponente. Di nascita romana, la matrice più riconoscibile è rimasta quella medioevale, caratterizzata dalle mura che circondano la parte centrale del paese. Diversi i palazzi storici e le torri che popolano la città, ulteriore prova della florida architettura dell’età di mezzo.
Da segnalare la cattedrale dedicata a San Michele Arcangelo e il battistero paleocristiano risalente al V secolo, il più antico della Liguria e tra i meglio conservati. La cospicua presenza di torri regalò a Albenga l’appellativo della “città delle cento torri”, erette con la funzione di avvistamento nemico e divenute delle vere e proprie abitazioni.
Altro segno distintivo sono le porte d’ingresso nel cuore della città. Tra queste la Porta Molino, dove anticamente passava la Via Julia Augusta, che appena usciti dal centro storico conduceva all’anfiteatro romano costruito nel II secolo. Il sito archeologico dell’area è stato scoperto al principio del Novecento dal portoghese Alfredo Andrade, archeologo e pittore.
Perdetevi nei carruggi del centro città, osservando le attività rimaste, i piccoli negozi e gli affascinanti locali; Albenga ti regalerà una dimensione lenta e piena d’arte.
Prima parte del tracciato
Percorso
Il pit stop da un panettiere è d’obbligo, borracce piene per la partenza di un trekking davvero alla portata di tutti. Dal centro di Albenga dirigiti verso il fiume Centa, breve corso d’acqua che attraversa la città, cercando il ponte Viveri detto il ponte rosso, che ti porterà dalla parte opposta. Da qui in zona periferica troverai già qualche cartello della via che ti farà prendere una strada asfaltata in salita per arrivare alla chiesetta di Nostra signora di Fatima.
La chiesa, piccola e graziosa, ti offrirà l’ultima occasione di una fonte d’acqua fino ad Alassio. Da qui a breve l’itinerario aprirà una meravigliosa vista verso sud che ti accompagnerà per un paio di ore. Una brillante distesa d’acqua baciata dal sole, con l’isola di Gallinara a dar ulteriore lustro a un paesaggio che riempie l’anima. Primissima parte del percorso su strada sterrata con un muretto di contenimento a limitare un po’ la veduta.
Isola di Gallinara
La via Julia Augusta tra Albenga e Alassio è l’unica nella parte italiana a presentare alcuni resti della civiltà romana, ricordiamo il sito dell’anfiteatro e alcuni pilastri funerari rimasti. Il vero rimando al passato è il selciato originale che ti condurrà per un breve tratto in un viaggio nel tempo, immerso in una vegetazione non abbondante ma necessaria a creare l’offuscato sufficiente per i tuoi voli pindarici. Il tracciato non presenta particolari dislivelli, si prodiga a mezza costa e ad altezza costante, le uniche salite/discese sono quelle per raggiungere i paesi a inizio e fine tappa.
Porto di Alassio
Un po’ di macchia mediterranea ombreggia qualche breve passaggio, mitigando il sol leone, lo sguardo è costantemente in direzione del mar ligure. Nella seconda parte del percorso si ricominciano a incontrare alcuni caseggiati e qualche campeggio affacciato sull’Aurelia. Dopo un paio d’ore tranquille giungerai alla chiesa di santa Croce, costruita in pietra da dei monaci benedettini provenienti dall’isola di Gallinara. Qui troverai una fonte d’acqua. Una breve discesa asfaltata ti porterà in Alassio, un bagno in mare sarà più che meritato. Per il ritorno il percorso è il medesimo
Chiesa di Santa Croce
La via Julia Augusta è un trekking particolare per la componente storica, perché camminare su una strada romana ha sempre un fascino unico, una passeggiata che riempie gli occhi di bello grazie alla Natura che anche se un po’ contaminata dall’intervento dell’uomo, mantiene pur sempre il retrogusto selvatico dell’entroterra ligure. Un mare splendido che incornicia il panorama di turchino con l’isola di Gallinara a dar riferimento della strada percorsa. Una giornata marina diversa dall’ozio da spiaggia, ricca di spunti e colori senza rinunciare al tuffo nel mare. La via Julia Augusta è stata una piacevolissima scoperta, un’escursione super consigliata.
Quattro giorni di cammino e 70 chilometri verso il Mar Ligure.
Sguardo verso il Blu
Giorni:4
Periodo: da Aprile a Ottobre
Km: 70 circa
Tenda: non ci sono aree attrezzate
Difficoltà: Medio
Un percorso cha ha radici molto profonde nel territorio, la Via del sale da Varzi a Camogli è un cammino che attraversa una natura piena e incontaminata. Dal bel borgodell’Oltrepò pavese, solcando i confini di ben quattro regioni, in poco più di 70 chilometri giungerai al mare. Scegli tu dove arrivare: Sori, Recco, Camogli o Portofino. Ti racconto un po’ del cammino e la mia esperienza.
Storia
La via del sale da Varzi a Camogli è un percorso che ha radici molto antiche, rivisto e riadattato alle comodità dei nostri tempi rievoca un sentore di passato remoto, di avi che badavano ai bisogni primari e di necessità fatta virtù. In questo caso è d’obbligo usare il plurale poiché le vie del Sale nel nostro paese erano molte, dalla Lombardia alla Sicilia molti tragitti vennero denominati in questo modo perchè collegamenti sfruttati per il trasporto del bene salino dalle coste all’entroterra.
Il commercio di sale permetteva alle comunità lontane dal mare l’approvvigionamento di un prodotto fondamentale per la conservazione del cibo in primis, ma anche per la concia delle pelli (in particolare il cuoio) da parte degli artigiani dell’epoca. Nati come percorsi creati da commercianti avventurieri che dal mare si inerpicavano su tratturi montani per raggiungere i centri abitati, con la sola forza propria e di fedeli muli, vennero tracciati sentieri sempre più battuti ma pur sempre impervi, inadatti al trasporto con carri.
Verso l’ottocento il sacro romano impero, ripulì le terre del nord dai saccheggi barbari e con capacità imprenditoriali degne dei guru di marketing moderni, vide i percorsi commerciali come una fonte di reddito. Organizzo l’impero in feudi e delegò famiglie nobili del territorio di regolamentare i passaggi, esigendo il pagamento di un tributo (le famose gabelle) per ogni commerciante che transitava nelle terre controllate. La “nostra” via del Sale era una delle più trafficate e di conseguenza una delle più remunerative. A tessere le fila economiche della rete commerciale, con caselli privi di biglietto e voci automatiche, c’era la famiglia Malaspina.
Varzi
Genovesi, originari della Toscana e molto ricchi, governarono il territorio istituendo nel piccolo borgo di Varzi un centro di smistamento e organizzazione del trasporto di Sale, crocevia a metà strada tra la costa ligure e la pianura padana, che già piuttosto densa di centri abitati necessitava di gran quantità del ricavato dell’acqua marina. Con l’evoluzione del trasporto commerciale questi percorsi persero man mano il proprio valore intrinseco. Rimangono i passaggi in una Natura ancora oggi per buona parte incontaminata, che grazie ai racconti delle generazioni precedenti venne continuamente tramandata. Ringraziamo i vecchi, custodi di saggezza e divulgatori di esperienza che ci hanno regalato questo appagante percorso.
Come Arrivare a Varzi
In auto
Da Milano dirigersi in direzione sud ovest e prendere l’autostrada A7 verso Genova. Oltrepassato il Po, continuare fino all’uscita Castelnuovo Scrivia, andare a sx verso Salice terme (SP 93). Allo stop girare ancora a sx, oltrepassare il Torrente Curone e imboccare la strada di campagna a dx (strada Rivanazzano). Proseguire verso est, la strada è stretta e occhio al doppio senso di marcia. In località Bidella dirigersi a sx sulla strada Pontecurone Voghera, incrociata la SS461 prenderla a dx, passare Rivanazzano e seguire la statale. Continuare sulla SS461 costeggiando il torrente Staffora sino a Varzi.
In treno
Regionale da centrale per Voghera e bus per Varzi.
In Bus
Dalla stazione di Milano Famagosta partono 5/6 bus quotidiani che in un paio d’ore arrivano a Varzi, ecco l’orario.
Sul Monte Cavalmurone
Ritorno (a Varzi)
Da Sori, Recco e Camogli puoi prendere il treno per Genova Piazza Principe dove parte il regionale per Milano che ferma a Voghera. Da lì c’è un bus che la collega a Varzi, la stazione pullman e vicina a quella dei treni. Si può fare il biglietto al bar della stazione.
Dove parcheggiare
C’è un parcheggio gratuito in piazza della fiera, tieni presente che durante il mercato è occupato dai commercianti. Noi siamo partiti di venerdì e c’erano le bancarelle. Abbiamo lasciato la macchina poco più su in paese, di fianco alla stazione dei carabinieri. Sosta libera e comoda.
Verso Uscio
Periodo
Le prime due tappe della Via Del Sale sono, per la quasi totalità, sopra i mille metri di altitudine, evitereiquindi i mesi più freddi, probabile trovare neve. Chiaro, se il tuo spirito avventuriero è consolidato e sei attrezzato, potrebbe diventare un’esperienza da ricordare. Il percorso è perlopiù nei boschi, indi anche i mesi estivi sono papabili per organizzare, con la prospettiva ulteriore di un bagno al mare. Noi abbiamo percorso il cammino in aprile e ho trovato un clima ideale per i miei gusti, sole caldo ma non soffocante e un po’ di vento fresco che non guastava. Occhio che in quota e alla sera serve qualche indumento pesante (felpa e piumino leggero).
Attrezzatura
Il cammino non è lungo ma sostanzialmente il materiale da portare è sempre lo stesso. Leggi l’articoloche ti darà una lista completa dei prodotti da mettere nello zaino in un trekking di più giorni. Come accennato nelle tappe, non ci sono molte fonti di acqua durante il tracciato, munisciti sempre di un litro e mezzo prima di partire la mattina
Capanne Di Carrega
Accoglienze
Varzi
Se arrivi da lontano o hai più tempo a disposizione nel luogo di partenza ci sono diverse strutture dove poter pernottare, per ogni tasca e necessità.
L’Albergo Corona si trova nella piazza principale del paese
Le Cicale, anch’esso nella piazza principale del paese
1°Tappa
Capannette di Pey
L’albergo a Capannette di Pei è la struttura dove abbiamo dormito alla fine della prima tappa. Si tratta di un albergo a conduzione familiare, con stanze pulite e un prezzo abbordabile. Consiglio la cena, ricca di piatti del territorio (tra cui pisarei e fasò, ricetta piacentina) e molto casalinga. Su richiesta i gestori possono prepararti dei panini per il giorno seguente di cammino.
Capanne di Cosola
La tappa canonica termina in questa località, potrai trovare l’unica struttura nell’albergo omonimo.
2° Tappa – Torriglia
L’Albergo della posta di Torriglia è nel cuore del borgo ligure, offre camere in una struttura datata ma accogliente. Noi abbiamo trovato la cucina chiusa, ma in paese si parla molto bene del loro fritto misto.
Ci sono altri affittacamere in paese e alcuni B&B poco fuori dal centro.
3° Tappa – Uscio
Noi abbiamo alloggiato alla locanda Bellaria, B&B al principio di Uscio. Il posto è ben curato, gestori molto gentili e disponibili, la stanza è dotata di tutto quello che serve. Rapporto qualità prezzo ottimo.
Anche a Uscio ci sono altri B&B e affittacamere. Bisogna cercare nel periodo della partenza poiché ne nascono di nuovi e altri non sono più disponibili.
4° Tappa – Camogli
Se terminerai il cammino a Camogli ti consiglio il B&B Andirivieni. Si trova a dieci minuti dal mare, la proprietaria è una fotografa e potrai ammirare nella casa numerose prove della sua abilità di ritrattista. Stanze arredate con cura e piene di arte, potrai fare colazione su una bella terrazza con vista mare. Buon prezzo.
Ovviamente a Camogli non mancano i posti dove dormire, i prezzi non sono sempre economici.
Recco e il Golfo di Genova
Varzi
Nel borgo
Il piccolo borgo di Varzi simbolo della bassa padana, segna il confine lombardo con quello piemontese. Istituito attorno al mille, divenne centro commerciale con l’insediarsi della famiglia Malaspina, connettendo il territorio padano con la costa ligure. Se riuscirai a ricavarti qualche ora prima o dopo il cammino, perditi nelle viuzze, scoprirai la matrice medievale del comune. Il centro fu di rilevante interesse anche durante la Seconda guerra mondiale, in una zona dove la guerra imperversava nacquero dei nuclei partigiani sostenuti dall’abitato. Per questi meriti sono state consegnate le medaglie d’oro al valore militare e civile. Da vedere il castello dei Malaspina risalente al dodicesimo secolo, l’antica chiesa dei Cappuccini e quella parrocchiale di San Germano. Un ultimo consiglio: non lasciare Varzi senza il bottino di un suo famoso salame, essenza di una tradizione anche legata al cammino, infatti la parola SALame deriva dall’uso del sale per la conservazione della carne.
Parcheggiata l’auto, cerca di soddisfare i bisogni primari. A Varzi non mancano i bar dove fare colazione, c’è un supermercato e qualche alimentari dove farti preparare un paio di panini per la giornata, almeno uno col salame locale è d’obbligo. Cerca il ponte che supera il torrente, i cartelli sono piuttosto evidenti. Passatolo imbocca il sentiero sulla sinistra che costeggia lo Staffora, un’ampia strada bianca e sassosa ti allontanerà dal centro abitato.
Comincia a testare le gambe con la prima salita, non troppo impegnativa, che in un’oretta o poco più ti condurrà alla piccola frazione di Monteforte. Qui FAI IL PIENO di ACQUA, c’è una fonte fresca e sarà l’ultima che incontrerai sino a quasi la fine della tappa. Lasciati i caseggiati riprendi il sentiero, dopo poco intersecherai una strada asfaltata, non molto battuta a dir la verità, che ti accompagnerà al borgo di Castellaro.
Cartello alla Partenza
Prima Salita
Respira e preparati a uno dei tratti (a parer mio il) più duri di tutto il cammino. Una lunga e costante salita di quattro chilometri non darà tregua, mitigata dalla vegetazione di faggi che quantomeno non ti farà soffrire il caldo. Verso la fine noterai cambiare la vegetazione, si inizia a respirare montagna. Uscito dal bosco sarai sul pian della Mora, dove un bivacco fornito di panchine e tavoli ti inviterà alla pausa pranzo. Sei sulla linea di confine tra Lombardia e Piemonte.
Riprendi la strada alternando aree boschive a sentiero in cresta tra due valli, la vista è ampia. Qui i cartelli inizieranno a scarseggiare, ma stai attento prosegui sino al successivo bivacco, il Laguione che inganna con l’indicazione di una fonte, noi non l’abbiamo trovata. Da questo punto cambia la nomenclatura del tracciato, inizierai a vedere scritto VM (via del mare) con i colori rosso e verde. Parsimoniando il bene prezioso segui il sentiero in cresta e preparati alla seconda salita taglia gambe, più breve ma più intensa poiché dovrai raggiungere i 1700mt del Monte Chiappo. In vetta c’è un ristoro, aperto nei mesi estivi e nel fine settimana. Goditi il vento e la vista meravigliosa, nelle giornate limpide lo sguardo abbraccerà il tuo obbiettivo marino.
Monte Chiappo
La discesa è quella dei vincenti, da percorrere col cuor leggero e in base alla tua destinazione. Per Capanne di Cosola segui il percorso principale, se come noi alloggerai a Capannette di Pei, nota un cartello dopo poco sulla sinistra. Avrai in ogni caso ancora un’oretta di cammino, ma puoi gioire: la tappa più dura l’hai portata a casa, ti meriti una sonora birra.
Vista dal Monte Chiappo
2°Tappa – Capannette di Pei – Torriglia (24 km – 9 ore +650mt -1390mt)
Dopo una bella dormita, comincia la routine del camminatore seriale. Bagno, colazione e rimessa in sesto dello zaino. Un saluto nostalgico al posto conquistato il giorno prima e si parte. Il primo tratto è la provinciale che ricollega al più frequentato Capanne di Cosola, incrociamo altri camminatori che scrutano i dettagliati cartelli. Prima parte nel bosco fresco, a breve comincerai a salire verso il Monte Cavalmurone (1670mt).
Il vento la fa da padrone, serve il piumino perché si va oltre il frizzante. Qui godrai di un panorama tra i più affascinanti del cammino, monti in ogni direzione, segui il sentiero in cresta che tra sali e scendi accompagnerà il silenzio di un abbraccio totale alla natura. Rientra nella vegetazione dopo una lunga discesa, preparandoti alla ascesa successiva verso il Monte Carmo, da non confondere con quello di Loano.
Capanne di Cosola
Monte Cavalmurone
Sopra una croce svetta assolata, fatti una pausa e riposati un poco. La siesta svanisce in una lunga discesa che ti porterà a Capanne di Carrega. A metà percorso ci sono delle indicazioni per una fattoria che produce e vende formaggio locale, ne parlano un gran bene. Giunti al valico di Capanne troverai un ristorante, sempre piuttosto affollato, noi pranziamo con due panini dell’albergo di Pei.
La strada riprende esposta al sole, diviene sentiero in leggera salita con delle interessanti panoramiche di valli a sinistra. Tra boschi e cielo passerai per la località tre croci, così chiamata per ricordare tre lavoratori pendolari che rientrando verso l’abitato vennero sorpresi da una tormenta di neve, perdendo la vita per il freddo. Un momento di raccoglimento e la vegetazione di lì a poco ti regalerà una finestra privilegiata sul lago del Brugneto, una distesa turchese che è la principale fonte di acqua dolce del genovese.
L’ultima salita della giornata è quella più frequentata, poiché itinerario di tanti escursionisti giornalieri. Il Monte Antola, che dà il nome all’omonimo parco, svetta sul panorama circostante coi suoi 1597 mt ed è una meta tra le preferite degli appassionati di montagna genovesi. Non è ancora tempo di rilassarsi troppo, mancano ancora tre ore di cammino. Comincia una lunga discesa, la prima parte interamente nel bosco, segui il profumo del verde mescolato a quello distante di un vento salato, ti condurrà a sentieri aperti dove potrai perdere lo sguardo verso il mare in lontananza.
Discesa
Monte Carmo
Verso Carrega
La discesa riprende tosta, l’attenzione deve mantenersi alta perché comincia un tracciato sassoso, che a fine giornata maltratta i piedi già provati dai 20 km percorsi. Incontrerai un punto panoramico con panchina tattica, per goderti qualche minuto di riposo. Cominciano a vedersi dei caseggiati, panni stesi, qualche auto parcheggiata e dei bambini sulle bici rotellate a fare da cornice. Arrivati a Donetta, frazione della tua metà di oggi, imbocca il sentiero finale nella vegetazione, un ultimo sforzo e in una mezz’ora abbondante giungerai finalmente alla bella Torriglia.
Lago del Brugneto
Torriglia
Palazzo in paese
Albergo della Posta
La bella di Torriglia tutti la vogliono ma nessuna la piglia. La filastrocca tramandata nei decenni racconta (forse) la storia di Rosa Garavaglia, ambita da molti spasimanti per la sua avvenenza ma restia alla concessione per l’indole indipendente o per qualche lato oscuro che il tempo alimenta. Un bel ritratto della protagonista è stato dipinto nella piazza Fieschi. Il borgo è davvero piacevole, una strada principale, alcune piccole vie che disegnano il centro e la chiesa parrocchiale di Sant’Onorato di Arles che troneggia sulle basse abitazioni. Il territorio di Torriglia è ampio e compreso nel parco dell’Antola. Pochi gli abitanti rimasti, circa duemila, per un paese che d’estate si ripopola; Torriglia (769mlsm), storicamente è meta delle vacanze dei genovesi amanti della collina tranquilla. La linea ferroviaria che la collegava al capoluogo è una delle più antiche d’Italia.
Cominciamo la terza giornata col rifornimento al mini market del paese (due ottimi panini alla curcuma imbottiti al momento) per riprendere il cammino sulla strada provinciale in leggera salita per uscire dal paese. Passerai una galleria per imboccare il sentiero a destra in salita, al principio un po’ di vegetazione per poi aprirsi, percorrerai dei sali e scendi morbidi con a sinistra una spettacolare vista sulla distesa blu.
I cartelli da seguire sono prima contrassegnati con AVML (alta via dei monti liguri) e poi VM (via del mare). Dopo un lungo tratto in cresta con vista, percorrerai una discesa leggera nel bosco che ti darà un po’ di sollievo dal caldo in una giornata di sole, e alcuni punti ombreggiati per uno spuntino. La discesa termina nel territorio di Lumarzo, noi ci siamo un po’ disorientati qui, ti troverai in un parcheggio con una strada asfaltata che non si capisce in quale direzione prendere.
Verso Lumarzo
Sentiero in Cresta
Vai verso sinistra, prendi il sentiero che lascia la vallata con l’orizzonte marittimo sulla sinistra, la vegetazione anche se un po’ rada ripara dal sole. Poco dopo giungerai all’abitato di Bargagli, il percorso taglia il paese intento nella propria vita, abituata al passaggio dei camminatori. Dopo il monumento degli alpini, comincia una breve discesa che porta alla strada asfaltata, prosegui fino ad incontrare un bar trattoria. Proprio a fianco prendi il sentiero seguendo la VM.
Il percorso sale deciso, si tratta dell’unico tratto del cammino un po’ esposto, nulla di proibitivo, con un po’ di attenzione arriverai in una mezz’ora al Colle de Badò. Qui abbiamo incontrato un vento forte, si tratta di un ottimo posto per fare una pausa se trovi riparo da aria e sole. Vai verso destra seguendo il percorso in cresta verso Case Becco. Sbucherai su una strada statale che ahimè dovrai percorrere per un lungo tratto (si potrebbe rivedere questo pezzo di cammino), non ti far distrarre dal mare sempre più vicino.
Salita al Colle de Badò
Verso Case Becco
La strada percorsa
L’asfalto dura una buona oretta, segui i cartelli per Uscio fino ad incrociare sulla sinistra l’indicazione della via del mare che si addentra su strade bianche molto più sicure per camminare. Venti minuti nel verde per raggiungere la chiesa del paese con relativa fontana. Anche la terza tappa è andata.
Colazione e ripartenza per uscire da Uscio, percorri la strada asfaltata verso destra seguendo sempre i cartelli VM. La strada sale lineare e costante tornando indietro, ti troverai sotto a destra l’abitato appena lasciato e la provinciale percorsa poco prima. Arriverai alla Colonia Arnaldi, centro benessere molto strutturato e ben tenuto. Anche se l’idea del relax ozioso balena nella mente, la missione di oggi è un’altra.
Colonia Arnaldi
Sempre più vicino
Dopo un breve tratto di asfalto si torna su un sentiero morbido e in mezzo alla vegetazione, la vista del mare è ormai costante e sempre più tangibile. Il sentiero è battuto, molti liguri camminano su questo percorso in cerca di spiazzi attrezzati per un pranzo all’aperto, noi abbiamo fatto questa tappa nel giorno di pasquetta e il “traffico” è stato intenso. Passerai prima il passo Spinarola e poi del Gallo, qui potrai osservare verso sinistra Rapallo e dalla parte opposta Recco.
Sei sul monte Orsena (615mt), verso la cui sommità parte una scalinata lunga che conduce al santuario di Caravaggio, meta pellegrina con panoramica notevole. Il sentiero prosegue nel bosco, troverai il bivio segnalato che conduce da una parte a Ruta di Camogli e dall’altra a Recco. Segui i due cerchi rossi che indicano il trekking dal centro di Ruta al santuario. Comincia una discesa sassosa impegnativa, ormai ci siamo le gambe andranno da sole.
Passo del Gallo
Sul Monte Orsena
Sbucando sull’abitato ti troverai di fronte la chiesa millenaria del sacro Cuore, luogo di culto risalente al XIII secolo ritratto dello stile romanico. Qui le indicazioni della Via del Mare proseguono per condurti a Portofino, se come noi hai scelto come termine della via Camogli, prendi l’Aurelia a destra e percorrila fino all’abitato. Arrivare al mare questa volta avrà tutt’altro sapore, la salsedine rimembrerà tutto il viaggio.
Camogli
Varianti
Se il punto di partenza è più che conclamato, la Via del Sale prevede una varietà di percorsi diversi in base alla scelta della meta finale. Prime due tappe sono valide per ogni variante, il terzo giorno alcuni concludono il cammino facendo una lunga tappa (28km circa) per arrivare a Recco o a Sori. Aggiungendo un giorno potrai giungere a Camogli o proseguire ancora per qualche chilometro per arrivare a Portofino.
Preparazione fisica
Sulla via del sale ci sono dei dislivelli impegnativi, soprattutto nella prima giornata. Il cammino è adatto a molti ma non proprio a tutti. Se siete sportivi non avrete problemi, dovete avere chiaro cosa vuol dire camminare per 20 km e più al giorno, farlo in salita (e discesa) su terreni non carezza piedi.
Se siete a digiuno di attività fisica provate qualche percorso, possibilmente in mezzo alla natura vicino a casa, testate la gamba e abituatela ai chilometri.
Non serve un allenamento per competere in un iron man ma un po’ di propensione alla fatica, aumentate la soglia di resistenza e il fiato, e lavorate sulla perseveranza: questi percorsi si compiono in larga scala grazie alla motivazione e alla voglia di farcela. Ti assicuro che diventerà dipendenza.
Camogli
Curiosità e pillole
I Canestrelli di Torriglia, fiore all’occhiello del paese e di una regione intera, sono dei biscotti dolci tanto semplici quanto buoni. Eccone una Ricetta.
Salario parola di origine latina che deriva proprio dal sale. I soldati dell’antica Roma venivano spesso retribuiti col prezioso bene, utile per la conservazione del cibo.
I Camogliesi sono dei dolci tipici di Camogli realizzati nel 1970 dal pasticcere Giacomo Revello. Sono dei biscotti alla crema o mandorlati, dei quali la variante più apprezzata è quella al rhum.
LaBagna Caudaè una ricetta del basso Piemonte che ha come ingrediente principale le acciughe. La storia vuole che il pesce giungeva nei territori sabaudi proprio grazie alle rotte commerciali istituite per trasporto e il commercio del sale.
Quattro giorni percorsi tra una Natura selvatica e burbera, attraversando un territorio ricco di scorci segna ricordi e di storia. Quattro province attraversate in pochi chilometri che ti faranno toccare con mano l’esistenza effimera di un confine, la consapevolezza che tutti abbiamo i propri luoghi del cuore, che chi passa per conoscere va accolto come un ospite gradito. La Via del Sale parla di mare e di monti, settanta abbondanti chilometri da godersi a pieno, gustando le prelibatezze del territorio, osservando dei luoghi che non vedresti mai se non camminando, cercando di carpire un po’ delle vite in altri contesti rispetto al proprio. Arricchirsi e migliorarsi, guardare da un’altra prospettiva, un processo per me necessario, rammentando che non è l’arrivo il piacere più grande ma il viaggio.
Una passeggiata sportiva nella bella valle Imagna, tra le province di Lecco e Bergamo per godersi qualche ora di relax. Il Monte Ocone ci regala una veduta elitaria come diverse cime della zona, un’escursione per tutti gli amanti della montagna senza essere degli scalatori esperti. Prenditi una mezza giornata libera e goditi il panorama.
Il laghetto del Pertus
Come arrivare
Da Milano dirigiti verso nord per imboccare la A51 (tangenziale est). Prosegui in direzione Lecco sino alla fine della statale che diventa dopo Usmate prima la Sp41, e in seguito Sp 342 dir Olginate. Passata la località Fornasetta Superiore alla prima rotonda prendi la prima uscita Sp74 per attraversare il fiume Adda. Alla rotonda imbocca la SS639, passato l’Iperal gira a destra (via F.lli Bonacina e Sp177) verso Torre de Busi. Diventata SP179 la strada comincia a salire, segui le indicazioni Carenno – Località Pertüs. La zona non è molto trafficata, troverai facilmente parcheggio.
Milano 1,40h – Monza 1,15h
Vista dalla Vetta
Brevi cenni geografici
Il Monte Ocone, collocato a sud del Resegone, fa da vetta divisoria tra due valli, Imagna verso Bergamo e quella dell’Adda in direzione Lecco. Verso est il basso lecchese coi suoi laghi, e in direzione opposta le valli verso San Pellegrino terme. Si tratta di una cima raggiungibile facilmente dai capoluoghi lombardi, nonostante questo meno battuta rispetto ad altre dell’alta Brianza, come il Cornizzolo, il San Primo e il Monte Barro. Con il Monte Linzone (1392 mt), Il Monte Tesoro (1432 mt) e la Corna Camozzera (1452 mt) segna il tratto più a sud della dorsale orobica lecchese.
Escursione
Nel Bosco
Scesi dall’auto, dopo un paio di respiri di aria vera, una rimirata al panorama circostante e una colazione al Bar del Pertus, si parte per questa breve ma piena escursione. Il sentiero 571 e ben segnalato dai cartelli Cai, lasciati il laghetto sulla destra e imbocca la strada ghiaiosa che punta verso il bosco.
Entrato nella vegetazione, composta per lo più da faggi, potrai goderti la camminata tra lievi sali e scendi ombreggiati che doneranno frescura anche nelle torride giornate estive. A sinistra potrai osservare i laghi a sud di Lecco (Garlate, Annone e Pusiano), i quali da ogni angolazione riempiono il panorama pianeggiante e abitato con delle piacevolissime tonalità di blu. Passerai dei caseggiati abbandonati che ti faranno pensare a come potrebbe essere una vita isolata e priva di frenesia.
Dopo tre quarti d’ora di cammino giungerai alla località Convento, una imponente struttura abbandonata che spicca decisamente nella selvaggia zona. Non ho trovato notizie in merito, ma dall’architettura e dal nome si dovrebbe trattare di una costruzione atta al ritiro e alla preghiera. Imbocca il sentiero alla sinistra del convento (588) fino a raggiungere un ponticello di metallo che oltrepassa il passo del Pertus e delinea una immaginaria linea di confine tra le due province lombarde.
Convento
Da qui, parte finale, come in tutti i trekking montani inizia la parte impegnativa. Ultima mezz’ora di salita mediamente difficoltosa, la vegetazione gradualmente abbandonerà lo scenario in favore di rocce e sassi, l’esposizione è totale e preparati a sudare. Sali coi tuoi tempi e con un po’ di necessaria e salutare fatica arriverai ai 1351 metri della vetta. Dalla piccola croce che si eleva dalla cima goditi in ogni direzione lo splendido territorio che ti circonda. Per il ritorno ripercorri lo stesso percorso e occhio alla discesa ripida iniziale
Arrivo in Cima
Le Ferrate
L’Ocone è anche meta dei più adrenalinici appassionati di arrampicata, vi è tracciata una battuta ferrata composta da 11 torrioni. La scalata è impegnativa e indicata ad arrampicatori esperti, se vuoi farti un’idea fatti un giro su questo sito.
La Valle Imagna
La Valle Imagna è un territorio ricco di spunti per ogni interesse legato alla Natura e i suoi derivati. Sport e centri benessere, enogastronomia e relax, cultura e storia, ogni declinazione e ricerca possono essere soddisfatte in questo incontaminato territorio a un’ora da Milano. Vi lascio di seguito qualche sito in merito:
Con la scusa di un pic-nic all’aria aperta nei mesi estivi e di una camminata nella Natura invernale, prendi in considerazione il Monte Ocone. Facile l’avvicinamento in auto e anche il cammino per buona parte, con la nota dell’ultimo tratto: la salita finale non è da considerarsi una passeggiata sovra pensiero, ma a meno di invalidanti problemi fisici anche i meno allenati potranno farcela. Guarda sempre il meteo della giornata e quello delle precedenti, se ha piovuto per una settimana il terreno sarà scivoloso. Prova questo trekking!
Periodo dell’anno (consigliato) – da Marzo a Ottobre
Tempo di percorrenza – da Chiareggio 2,30h
Il famigerato surriscaldamento globale sta colpendo anche la Val Malenco e il Ghiacciaio del Ventina si sta ritirando a vista d’occhio. Non perdere l’occasione di andare a visitare uno dei pochi ghiacciai italiani raggiungibili a piedi, per fare il pieno di Natura in uno scenario bellissimo. Il Sentiero Glaciologico Vittorio Sella è un trekking di media difficoltà che ti permetterà di raggiungere una panoramica privilegiata, da considerarsi anche come monito per abbracciare un pensiero incline alla salvaguardia dell’ambiente
Brevi cenni geografici
Il Ghiacciaio è situato tra il Monte Disgrazia(3678) e il pizzo Cassandra (3226), cime alpine che fanno da confine tra la Val Malenco e la Val Masino. La sua fonte è attorno ai 3500mt, la distesa scende lungo la dorsale della Valle del Ventina fino al fronte che muta in continuazione. Dal 1990 ad oggi i ghiacci pare si siano ritirati di ben 600metri, una distanza notevole per un lasso temporale piuttosto breve. Alcuni rilevamenti di fine ottocento collocavano il principio del ghiacciaio a ridosso dei prati dove sono stati costruiti i due rifugi, una notevole “fuga” dalla civiltà. Le sue acque danno fonte al fiume Mellerio.
Chiareggio
Come arrivare
Da Milano/Monza dirigersi verso nord per imboccare la SS36 (Valassina), proseguire fino a Lecco e poi per Colico. Arrivati al Centro Commerciale Fuentes, prendere la Statale SS38 che costeggia il Fiume Adda verso Morbegno/Sondrio. Entrati in città seguire le indicazioni per Chiesa in Val Malenco (SP15), passata Chiesa la strada prosegue e comincia a salire, dopo una ventina di minuti di tornanti arriverai all’abitato di Chiareggio. Lasciati sulla destra i caseggiati e dopo aver fatto colazione, prosegui fino alla fine della frazione dove vi è un ampio parcheggio libero.
Milano 2,30 h Monza 2,10 h
Colori Autunnali
Escursione
Io in questa occasione ho messo da parte l’autogesione e mi sono unito a un gruppo di escursionisti milanesi, iscritto alla camminata ci siamo trovati al parcheggio di Chiareggio. Il percorso è ben segnalato e non potrai sbagliare, farlo in compagnia donerà sempre un valore aggiunto. Incamminati lungo il fiume tenendolo sulla destra fino ad incontrare un ponte che lo attraversa. Da qui intraprendi il sentiero che si addentra nel bosco e comincia a salire con dolcezza costante.
In un oretta tranquilla e non troppo impegnativa giungerai ai due rifugi, sono davvero posti a pochi metri l’uno dall’altro, il Gerli Porro col caratteristico tetto rosso e il Ventina poco più avanti. Poco sotto un laghetto fa da cornice suggestiva che, nei mesi estivi, può essere sfruttata come spiaggiata in relax dopo una signora mangiata (aspetta il ritorno dal trekking, altrimenti non salirai più!).
Passate le strutture il percorso prosegue con a destra il ruscello, circondati da imponenti montagne e alberi più radi del bosco ma non meno affascinanti. Il nostro trekking è stato fatto al principio dell’autunno e i colori riempivano l’atmosfera di bellezza, accenni nevosi e svariate tonalità ci hanno donato un pieno di Natura vera. Risali la morena, alternando tratti pianeggianti a brevi salite. Non percorrerai un sentiero canonico, il fondo è roccioso e quindi occhi aperti.
L’ultimo tratto è quello più impegnativo, niente panico, tira su lo zaino sulle spalle e armati di pazienza. Cerca la linea più congrua e usa le mani se necessarie per l’equilibrio, le pietre che supererai non sono incollate al terreno, fondo sdrucciolevole ma arrivo sempre più vicino. Una mezz’oretta di ripida salita ti porterà alla croce dedicata al G.A.M. Senago, da lì panino vista ghiacciaio del ventina. Ci si può avvicinare ulteriormente per osservare la distesa di nevi perenni, non farlo da solo e non correre rischi inutili.
La Croce
Osservare il ghiacciaio del Ventina da qui ti riempirà gli occhi di mondo, il sole che illumina il ghiaccio e le rocce, il silenzio primordiale riequilibrerà la dima dei bisogni e delle preoccupazioni. Forte è anche l’erosione che riporta alla realtà, la morena sta riconquistando prepotentemente il terreno. La discesa, essendo concepito come percorso ad anello, si percorre dal lato sinistro del torrente, seguendo un tracciato un po’ più morbido dell’andata. Un paio di ore per tornare all’auto.
Pranzo con vista
Attrezzatura
Come per ogni escursione portati sempre da bere e qualcosa mangiare, cerca di avere comunque un litro di acqua e qualche snack energetico (frutta secca, uva passa, barrette…). Se non vuoi fermarti in rifugio portati il pranzo al sacco come abbiamo fatto noi. Importante avere degli scarponi adatti, sostegno alle caviglie e buon grip, calze adeguate, non improvvisate la salita con delle sneakers.
In base alla stagione un cambio per non raffreddarsi in caso di sudata importante, vestitevi a cipolla e regolatevi in base alla temperatura. Io non uso bacchette abitualmente, ma nel caso specifico saranno di grande aiuto, indi super consigliate. Zaino comodo, 20 litri più che sufficienti.
Verso Sud
Cos’è un ghiacciaio
Il ghiacciaio è una stratificazione di nevi perenni che, a causa delle gelide temperature di quota, formano una massa glaciale. Si formano negli avvallamenti tra le cime montuose, non sono entità ferme ma a causa della gravità e del cambio climatico si muovono verso valle. Se vuoi farti un’infarinatura sul tema, la pagina Wikipedia può essere un buon viatico. Oggi il ghiaccio ricopre circa il 10% delle terre emerse contro il 30% di 20.000 anni fa.
Belle le parole di Paolo Cognetti nel romanzo le Otto Montagne: “l’estate cancella i ricordi proprio come scioglie la neve, ma il ghiacciaio è la neve degli inverni lontani, è un ricordo d’inverno che non vuole essere dimenticato.”
Un’esperienza da non rimandare
Osservare una distesa imponente di ghiaccio dà l’idea di entità ferme nel tempo, che assistono da osservatori disinteressati all’evoluzione, la quale a volte tramuta in involuzione. Per me un ghiacciaio misura il trascorrere delle lancette in modo invisibile regalandoci la certezza di qualcosa che è lì, sempre e comunque. Questa sicurezza sta svanendo e certe bellezze vanno visitate prima che la mano umana non cancelli quello che la Natura ha creato in migliaia di anni prima di noi. Non rimandate la gita al Ghiacciaio del Ventina perché, ahimè, non avrà probabilmente molti altri inverni da ricordare.
Un’escursione ideale per chi vuole lasciare in pianura l’aria inquinata, i ritmi frenetici e i pochi colori delle città. Il Monte Cornizzolo è una cima che offre molte alternative per gli sportivi di ogni età e preparazione, l’ascesa può avere svariate sfaccettature. Trekking, Mountain Bike, trail running e parapendio trovano nella montagna una varietà di percorsi molto stimolanti per allenarsi o semplicemente godersi la natura. Ti parlerò dell’escursione da Eupilio, la più battuta per raggiungere la croce in vetta. Enjoy!
Brevi Cenni geografici
Il Cornizzolo, dirimpettaio del Monte Rai, regala una visuale a 360° piena di panorami a cui dedicare dei frames della nostra memoria. A sud i laghi di Pusiano e Annone, a nord le Alpi Valtellinese e Svizzere, a est il Resegone e il lago di Garlate e infine verso ovest la parte occidentale del triangolo lariano, di cui è l’ottava vetta per altezza. A metà tra le province Como e Lecco, la vetta abbraccia ben sette amministrazioni comunali.
Il Monte Rai
Brevi cenni storici
Sono stati ritrovate delle tracce della presenza dell’uomo risalenti all’era Mesolitica. Segni chiari di accampamenti di cacciatori preistorici, incisioni rupestri, ossa umane e animali confermano la vita sul monte già più di 7000 anni fa. Considerata una montagna di culto, vi è posta sulla sua sommità una croce in ferro battuto, che sostituisce quella in pietra che svettava in antichità (conservata sul piano del Cornizzolo).
Come arrivare
Milano Monza – Dirigiti verso nord per imboccare la SS36(in gergo Valassina), continua in direzione Lecco fino all’uscita Annone Brianza. Allo svincolo gira a sx seguendo le indicazioni prima per Como (sp49), e a seguire per Eupilio. Sali i tornanti della SP42 (Via Roma che diventa via Cornizzolo), la strada si fa stretta, occhio che è doppio senso di marcia. Qualche centinaio di metri prima di giungere alla Trattoria Brianzola al principio della salita (il parcheggio è riservato ai clienti), ci sono dei posti liberi (dai un occhio alla traccia;))dove lasciare l’auto e la pigrizia.
Milano 1h,30 – Monza 1h
L’escursione da eupilio
Lasciata l’automobile, prendi l’unica strada asfaltata che salendo, ti porterà in una decina di minuti alla Trattoria. Superato l’edificio si presenta poco dopo una sbarra che impedisce il transito veicolare, da qui avrai due alternative: proseguire sulla morbida strada asfaltata che sale in maniera costante, o cercare un sentiero che percorre la cresta della montagna (difficoltà maggiore).
La prima parte della sgambata è immersa nel bosco la vegetazione piuttosto fitta e l’ombra non manca. Dopo una mezz’oretta lo scenario si apre, il percorso diviene esposto con l’occhio che ringrazia per gli scorci sui laghi a sud, ma nelle giornate più calde, il sole non ti darà tregua. La salita prosegue lineare, nel mio caso sono partito dalla pianura in una fredda e nebbiosa giornata autunnale e, salendo di quota ho meravigliosamente scoperto un cielo assolato e terso, che guardando a valle mi ha regalato la sensazione di stare letteralmente sopra le nuvole.
Salendo di quota potrai facilmente imbatterti in alcuni amanti del parapendio che attendono il vento giusto, difatti il Cornizzolo è uno delle mete preferite dagli appassionati. La strada rientra sulla sinistra, abbandoniamo per poco la splendida vista verso la brianza, e proseguendo di buon passo vedrai sopraggiungere la visuale di un grosso edificio bianco e rosso. L’enorme rifugio Maria Consiglieri troneggia alle pendici del monte, aperto il mercoledì e la domenica offre una cucina e anche 16 posti letto. Poco più avanti una chiesetta in pietra, ma non ti rilassare troppo la vetta è ancora da raggiungere.
Verso Sud
Dal rifugio guarda in alto a sinistra per scorgere la croce, non ti spaventare la pendenza è gagliarda ma vedrai che ce la farai senza problemi. Per percorrere i trecento metri finali occorreranno circa venti minuti, sia per la pendenza e sia per la cautela necessaria a non correre rischi. Sterrato e roccioso, l’ultimo tratto spremerà le tue gocce di sudore, aumenterà i battiti che impiegheranno un po’ prima di riprendere la normalità, più che per la fatica per lo stupore che ti coglierà una volta arrivata/o. La salita al Monte Cornizzolo è giunta a conclusione, dalla vetta potrai osservare in ogni direzione il territorio circostante, l’autostima per la scalata donerà ulteriore lustro a quello che vedrai. Per il ritorno ripercorri lo stesso tratto, scendendo sarai più veloce e in 1h,30 rientrerai alla macchina.
Lago di Lecco
Varianti per la salita al Cornizzolo
Puoi raggiungere la cima partendo anche dalle località Gajum di Canzo, Civate e Suello. Io non ho effettuato i percorsi, ma leggendo scopro che le prime due escursioni (Gajum e Civate) non differiscono molto come pendenza e durata di quella da Eupilio. Da Suello invece parte la direttissima che in 2,5 km ti porterà alla vetta, percorrendo meno strada ma affrontando una pendenza decisamente più impegnativa.
Sopra le nuvole
Ricaricarsi con la Natura
Una giornata speciale, da ricordare. Lasciarsi alle spalle un cielo grigio novembrino e una settimana lavorativa lunga, con poche soddisfazioni. Andare un po’ più su per osservare da una diversa prospettiva l’ambiente circostante, trovare un bel sole caldo e lo splendido regalo di osservare le nuvole dall’alto. La salita al Monte Cornizzolo è un’escursione piuttosto facile, donando soddisfazioni che ampiamente ripagano la fatica. Organizza una giornata piena di bellezza, sali in vetta e goditi una mezz’oretta di quiete osservando la natura che ti circonda, ti assicuro che sarà meglio di qualsiasi programma televisivo.
Vuoi fare un’escursione breve, adatta a tutti e con una bella panoramica vicino alla Brianza cittadina? Il Monte Barro offre una rete di sentieri per ogni gamba, un trekking tra natura e Storia. La sua prominenza non elevata viene incontro anche ai meno allenati. La ricompensa sarà uno scorcio dalla cima su ben quattro laghi lecchesi, quindi, prepara lo zaino e goditi i passi.
Come arrivare
Da Milano/Monza: dirigiti verso nord e prendi la ss36(valassina), prosegui in direzione Lecco fino all’uscita Civate. Segui il raccordo e svolta a dx in via Monte Oliveto che diventa dopo poco Via Solaro. Allo stop gira a sx e prendi Via Como, continua fino a svoltare a sx per prendere Via Monte Barro. Segui le indicazioni per il parcheggio del monte.
1h da Monza – 1,30h da Milano
Brevi cenni geografici
La Montagna di Galbiate, nome alternativo della cima, coi suoi 922mt di altitudine offre ai camminatori una serie di vedute suggestive, potrai godere di un luogo privilegiato per osservare i laghi di Annone e Pusiano a sud ovest e Garlate a est. Verso nord Lecco e il principio del lago caro al Manzoni. Il Monte fa parte della sezione delle prealpi luganesi, si tratta di una delle prime cime che si incontrano provenendo da Milano verso nord
Laghi di Annone e Pusiano
Brevi cenni storici
Sono tutt’ora in essere degli scavi archeologici nell’area, negli anni passati sono stati rinvenuti diversi oggetti originari del medioevo. I resti di una torre hanno condotto e alimentato le ricerche, una cinta muraria collegata ad essa e uno sparuto gruppo di abitazioni sono le deduzioni collegate alla scoperta. L’area era(è) particolarmente strategica, poiché la visuale sulle principali vie di comunicazione, Lecco e l’area del Adda, la fecero scegliere dalle popolazioni conquistatrici come sito di controllo. Molti reperti sono conservati nel museo organizzato all’interno dell’Eremo.
Museo archeologico del Monte
Il museo presso l’eremo (790mt) è intitolato al Prof. Giuseppe Panzeri, principale artefice della costituzione del sito archeologico. Diversi i reperti esposti appartenenti ai Goti, popolazione germanica insediatasi in zona a cavallo tra il IV e V secolo dc. Per i dettagli ti invito a dare un’occhiata al sito del museo. L’eremo offre anche un bar, e un ristorante dove è fondamentale prenotare dato che non sempre in servizio.
La salita verso l’eremo
Escursione
Parcheggiata l’auto, segui i cartelli marroni e comincia a salire. Il Percorso è ben segnalato, e si sviluppa nel bosco con buona parte di ombra nella prima tratta. Lasciati alle spalle le ultime abitazioni, dove gli animali vengono allevati con la lentezza necessaria, offrendogli l’opportunità di scorrazzare in un contesto adatto alla loro natura libera.
Fondo in principio di asfalto per diventare un percorso di pietre ben curato e pensato (c’è anche il corrimano). Dopo una mezz’oretta si giunge al primo bel quadro verso i piccoli laghi a sud, una panchina intima alla sosta non per fatica ma per bellezza. Prosegui ringalluzzito verso l’eremo e curiosa dentro e nei dintorni, dove è stato eretto il santuario della Madonna del Giglio, graziosa chiesetta per un passaggio di spiritualità d’altura.
Ora comincia il vero e proprio trekking montanaro, la strada sale e anche la vegetazione cambia. Al bivio puoi procedere verso il giardino botanico (gradevole un giretto anche lì) per un tracciato più irto, oppure prendere la strada che sale più dolcemente. I due percorsi si ricongiungono poco più avanti. L’aria è fresca sul viso, il sole scalda e libera la vitamina D, l’ultimo tratto è tutto esposto. Il quarto d’ora finale è decisamente il più impegnativo, roccia e pochi appigli, con calma e con l’uso delle mani (non serve Messner eh) goditi la fatica perché la croce della cima è lì che ti guarda. Ad aspettarti la soddisfazione di un già citato panorama, e ricordati che un panino con una vista del genere diventa gourmet.
La Croce in Vetta
Storia, natura, sport, bellezza, l’escursione al Monte Barro ti regala una splendida (mezza) giornata, ricca di spunti per soddisfare tante inclinazione e ricerche. Uno svago temporaneo, una passeggiata che conduce in un oretta abbondante ad una vetta raggiungibile facilmente, che può rivelarsi un battesimo vincente per chi si avvicina al trekking. Invece del centro commerciale pensa a un sabato mattina diverso, prova a salire sul Monte barro, non te ne pentirai.
Periodo dell’anno (consigliato) da Marzo a Novembre
Tempo di percorrenza: A:1,30h – R:1,15h (dal Piano Rancio)
Una bella e panoramica escursione giornaliera non troppo distante dall’hinterland, con annesso un caratteristico pranzo in rifugio o un pic-nic vista lago e vette. Il Monte San Primo troneggia in un punto decisamente strategico.
Brevi cenni geografici
Coi suoi 1682 mt è la cima più alta del triangolo lariano, porzione di territorio delimitato ai lati dai due rami del lago di Como e alla base da sei piccoli laghi (Segrino, Pusiano, Alserio, Montorfano, Annone e Garlate). Dalle sue dorsali nasce il Torrente Perlo. Il monte fa parte amministrativamente del comune di Bellagio.
Come arrivare
Da Milano – Monza: dirigiti verso nord per imboccare la statale SS36, direzione Lecco, prendere l’uscita Annone Brianza e gira a sx in Via Marco D’Oggiono/SP49. Prosegui in direzione Canzo/Asso. Giunto a Magreglio, prima della Madonna del Ghisallo (protettrice dei ciclisti) gira a sx. Dopo pochi minuti arriverai al Parcheggio.
1 h da Monza – 1,30 h da Milano
Periodo dell’anno
L’escursione al Monte San Primo può essere fatta in ogni periodo dell’anno, tenendo un occhio vigile al meteo. Ogni stagione dona le sue particolarità regalandoti una gamma varia e unica di colori e profumi. Io tuttavia consiglio ai meno esperti di evitare i mesi più freddi (dicembre, gennaio e febbraio). Il terreno potrebbe essere innevato e la ripida salita (dal piano rancio), potrebbe risultare impegnativa per gli hikers non abituati alla montagna invernale.
La fine del Sentiero
Escursione al Monte San Primo– da Piano Rancio
Dal parcheggio del piano Rancio segui le indicazioni per il rifugio Martina, la strada entra in un suggestivo bosco, si comincia a salire testando la tua forma del giorno. In breve assaporerai lo scenario sul lago, un assaggio della meravigliosa ricompensa che ti aspetta in vetta.
In 20/25 minuti si giunge al Rifugio, e se hai intenzione di pranzarvi ti consiglio di prenotare per tempo (da provare!). Dal Martina il sentiero riprende l’ascesa, costeggiando dei bei prati che richiamano il relax, non farti attrarre dalle sirene dell’ozio ma prosegui, ancora uno sguardo pieno al lago prima di addentrarti in una boscaglia tagliata da un sentiero roccioso e un po’ impegnativo. La salita non concede tregua ma non demordere.
La vegetazione si fa meno fitta, l’esposizione si apre per gli ultimi venti minuti di cammino, con qualche stralcio sul panorama. Ultimi strappi pensati per inzuppare completamente la maglietta, aiutati se necessario con le mani (nel caso tu non abbia i bastoni). Rampa finale a raccogliere finalmente il sorriso soddisfatto ed estasiato che si stamperà sul tuo viso. Da sopra c’è l’imbarazzo della scelta, ovunque si guardi è godimento per gli occhi. In vetta una croce e due antenne radio, ma soprattutto tanti punti dove fare delle belle foto.
Per il ritorno ripercorri il sentiero dell’andata, con cautela in 45/50 minuti si ritorna al rifugio per la meritata polenta uncia (hai consumato un sacco di calorie, puoi permettertela).
La Vista dalla Vetta
Escursione dalla Colma di Sormano
Percorso più lungo ma con una salita più graduale. Il sentiero è più esposto
Pro – visuale aperta con la fatica mitigata da quello che vediamo, dislivello più morbido.
Contro– nessun riparo dal sole e più chilometri.
Il tempo di percorrenza di questa variante è di circa 2,20h in salita e 2h in discesa. Non ho provato ancora questo tratto, appena riuscirò sarò più esaustivo.
Ultimo tratto arrivando dalla colma di Sormano
Visuale
Pur non essendo una vetta altissima offre agli escursionisti una vista privilegiata. Difatti, verso Nord abbiamo un’ampia visuale sulla Valtellina e le Alpi, a sud la velenosa Brianza, Milano e nelle giornate più limpide si può intravedere la linea sottile delle dorsali appenniniche. Dalla cima ci si rende conto della forma del Lago di Como, coi due rami ai lati e la parte centrale che si sviluppa davanti a Bellagio. Una veduta tra le più belle, fin ora godute, della regione a mio avviso.
Attrezzatura
Come per ogni escursione portati sempre da bere e qualcosa mangiare. La durata è piuttosto breve, cerca di avere comunque un litro di acqua e qualche snack energetico (frutta secca, uva passa, barrette…). Scarpe adatte al trekking con un buon sostegno alla caviglia, calze adeguate, come sempre consiglio di non lesinare sulla qualità dei supporti per i nostri piedi. Un cambio maglietta a discrezione.
Io non uso bacchette abitualmente, in questi frangenti ammetto che sono piuttosto utili, in particolar modo per mantenere un buon equilibrio in discesa.
Zaino comodo, 20 litri più che sufficienti.
Fate il pieno di panorama
La salita al Monte San Primo si presta a molti ma non proprio a tutti, eviterei di portare bambini troppo piccoli o non abituati a camminare. Per gli adulti è un buon banco di prova, sono convinto che la vista invogli anche i più pigri alle escursioni. Il rifugio è raggiungibile da chiunque per godersi comunque un bel panorama oltre che il pranzo che, dopo la fatica e con gli occhi pieni di beltà, ha tutto un altro sapore. Ricordati sempre: un passo alla volta e goditi il viaggio.
Per scegliere lo zaino da trekking dovrai ricordarti che durante un cammino sarà il tuo armadio e la tua cucina, praticamente una casa sulle spalle. Tutto il necessario deve starci, diviso e organizzato di modo che l’accesso a quello che cerchiamo sia rapido, senza dover svuotare il contenuto ogni volta. Ovviamente in base alla stagione le priorità varieranno, improbabile ti servano dei guanti d’estate, ma ci sono due elementi che devono essere sempre di facile accesso:
L’acqua
Il cibo
L’acqua è vita, questa è una certezza. Fondamentale idratarsi durante un cammino, anche se non avverti la sete, previene tra l’altro numerosi infortuni muscolari e tendinei. Per questo le borracce o le bottigliette debbono farsi trovare facilmente mentre cammini, macchinoso e demotivante se ogni volta dovrai togliere lo zaino e cercare i contenitori per bere. Il mio consiglio è quello di avere uno zaino con due tasche laterali per mettere i contenitori. Dopo un po’ di pratica riuscirai a prenderle da sola/o senza levare lo zaino.
Fondamentale anche nutrirsi quando si svolge un’attività dispendiosa per lunga durata. Per questo anche il cibo dovrà trovarsi in un punto che ti permetterà di recuperarlo facilmente. Ci sono zaini che hanno una o più tasche sulla parte esterna che sono assolutamente comode per riporre quello che ti servirà maggiormente mentre cammini. In alternativa fare un sacchetto di viveri e metterlo nelle parte superiore della tasca principale. Leggi anche l’elenco degli articoli da mettere nello zaino.
Verso il santuario di San Luca – Via degli Dei
Caratteristiche da valutare prima di acquistare zaino
Capienza
Traspirabilità
Leggerezza
Praticità
Solidità
Adattabilità
Capienza
Lunghi cammini
Uno zaino da 40/50 litri va più che bene. Se si dorme in tenda bisogna essere più che bravi a farci stare tutto, diventerai granmaster dei camminatori se riuscirai a non legare niente fuori dallo zaino (compresa la tenda). L’impresa è ardua ma tentaci! Legare tende, materassini o qualsiasi altro oggetto fuori dallo zaino a volte è inevitabile, ma presta attenzione a non creare troppa sporgenza. Nei sentieri con molta vegetazione è facile rimanere impigliati, col concreto rischio di strappare e rompere qualcosa, o addirittura di farsi male.
Hiking in giornata
Uno zaino di 20-30 litri è sufficiente. Ovviamente per una camminata in giornata non ti servirà molto: acqua, cibo e una maglietta di ricambio in estate, qualche indumento più pesante in inverno. #vestirsiacipolla
Traspirabilità
L’appoggio sulla schiena, in particolar modo d’estate, ti farà sudare parecchio. Gli zaini di nuova generazione sono provvisti di una rete elastica che crea un leggero passaggio d’aria tra te e lo schienale, permettendo una buona traspirabilità e minor fastidio per l’inzupparsi della maglietta. Eviterei quelli con le strutture il alluminio che, pur essendo leggere, comportano comunque maggior peso da portare.
Tra Lierna e Varenna – Sentiero del Viandante
Leggerezza
Ricordati sempre “è la somma che fa il totale” – (Totò). Quando prepari lo zaino devi pensare che ogni articolo che metti, per quanto possa essere leggero, si unirà a tutto il resto gravando sulla nostra schiena. Per questo uno zaino già leggero di suo è un’ottima base di partenza. Esistono zaini superleggeri ma, ahimè, hanno dei costi piuttosto elevati. Come in tutto il compromesso è tra confort e disponibilità personale.
Praticità
Ogni oggetto dev’essere accessibile e organizzato per avere meno nervosismi inutili e goderci il cammino. Avere delle tasche facilità il progetto mentale di distribuzione, per questo averne qualcuna in più è secondo me importante. Tasca superiore, laterali (per le borracce), frontali, trovo molto comode anche quelle sulla cinghia da legare in vita (io ci metto fazzoletti di carta e salviette). Insomma, senza perdere compattezza, le tasche ti aiutano a predisporre meglio il carico.
Solidità
Sarebbe un grandissimo problema se dopo qualche giorno di cammino ci trovassimo con uno spallaccio scucito o con qualche tasca dove la zip non funziona più. Si possono trovare ottimi zaini con 50/60 euro, ma non andare troppo al risparmio tralasciando la buona fattura del tuo compagno di viaggio.
Adattabilità
Ognuno di noi è fatto fisicamente a proprio modo, lo zaino deve essere provvisto di tutte le cinghie necessarie per regolare la posizione. Trasportare un sacco di patate appoggiato sul culo è garanzia di mal di schiena, camminare è fatica ma non deve diventare una tortura. Perciò:
Lo zaino deve essere alto e ben tirato sulle spalle, la sensazione è quella di avere un bambino sulla schiena
Cinghia tirata sulla pancia in modo da distribuire il peso anche sulla vita, evitando sovraccarico spalle/schiena
Cinghia sul petto allacciata per migliorare la postura e scaricare un po’ di peso anche sulla parte anteriore
Per quanto riguarda la distribuzione dei prodotti bisogna partire dal più pesante (sul fondo dello zaino) a salire. Sperimenta e trova il tuo assetto comodo.
Colle Gran San Bernardo – Via Francigena
Un ultima parola sulla copertura – Copri zaino waterproof
Fondamentale. Gli zaini moderni l’hanno quasi tutti integrato, altrimenti sono in commercio dei copri zaini a buon prezzo, validi per ogni capacità necessaria, dai 20 ai 90 litri. Pensa a un acquazzone che ti colpisce improvvisamente, tutto il contenuto dello zaino sarà fradicio, in particolare gli abiti, il cammino sarebbe compromesso se non trovassi presto un asciugatrice o se il clima non ti permette di stenderli. Impermeabilizzando lo zaino, e te stessa/o ovviamente, potrai camminare anche sotto la pioggia, con le dovute precauzioni si intende.