La mia esperienza con l’infortunio: la Rottura del Tendine d’Achille

Qualche consiglio e come l’ho vissuta

La stampella uggiosa

Incipit – Settembre ‘20

Ti senti in forma, corri tre volte a settimana perché non ti è passata la voglia di fare una maratona appena riaprono gli eventi. Poi, ci sono un sacco di trekking in scaletta, ne hai già qualcuno in programma, non vedi l’ora di immergerti ancora nella Natura. Un collega ti chiede: “la organizziamo una partita di calcetto? Una roba tranquilla, tra di noi, senza troppa competizione, per divertirci” (si dice sempre così). Io penso “non gioco a calcio da tre anni ma dai, la gamba e il fiato non mancano, perché no? E poi quando vedo un pallone ritorno istantaneamente dodicenne, mi manca”. Ok, prenotiamo il campo.

Ritrovo, indosso delle scomodissime scarpe da calcetto, corro, un po’ a vuoto perché vero che sono allenato, ma l’inattività calcistica paga dazio e ogni sport ha regole atletiche proprie, si usano muscoli completamente diversi. Mi passano la palla, mi sposto lateralmente per andarle incontro e STACK. Un grosso elastico che si rompe, cado imprecando in uzbeco contro l’ignaro (e innocente) avversario dietro di meno, ma soprattutto verso il fato e me stesso. Tutto inutile, il fatto rimane. Capisco subito l’entità, ho assistito a uno stesso infortunio alcuni anni fa, mi tocco dietro la caviglia e sento molle. Rottura del Tendine d’Achille. In un secondo, per alcuni mesi, si dovrà completamente cambiar direzione.

In ospedale

Accetta e Non perderti d’animo

Pronto soccorso, ricovero in attesa dell’operazione, operazione. Esco e non potendo camminare mi stabilisco a casa dei miei, altra dinamica che alla lunga minerà la mia radicata indipendenza. Mi ritrovo con una gamba fuori uso, poco autonomo e con qualche mese davanti di convalescenza. L’umore è piuttosto a terra, il principio della salita spaventa, ma oramai è successo, indietro non si torna, superato il momento iniziale mi armo di pazienza cerco di sfruttare questo extra bonus di tempo libero per migliorarmi. D’altronde anche durante il lockdown, passata la confusione iniziale, ho cercato di organizzare il tempo per fare quello che mi piace e che durante il frenetico quotidiano faccio davvero fatica a dedicarci del tempo.

Sfrutta il tempo libero

Leggo un libro a settimana, scrivo articoli sul mio blog musicale, e tra una puntura di eparina e una tisana al luppolo mi impegno a fare alcuni esercizi quotidiani, compatibili con la mia limitata mobilità. Tolgo i punti e metto un tutore, che sarà mio compagno di viaggio per tre lunghi mesi. Passano i giorni e comincio anche ad uscire, in stampelle cerco di muovermi una mezz’oretta sia per vivere un po’ di aria aperta e sia perché l’azione fa guarire prima, ricordati che l’immobilità rende la forza di gravità paralisi. Le settimane scorrono tra medi e bassi umorali.

Il fedele Tutore – Robocop spostati

Fai la riabilitazione e segui i consigli

In questi frangenti è importante non bruciare le tappe, seguite sempre i consigli e gli steps prospettati da chi ha studiato l’argomento e ha visto molti infortuni. Purtroppo il tempo è necessario per ritornare come prima, non ci sono scorciatoie. La gradualità della ripresa e l’attenzione possono fare un enorme differenza tra un percorso netto con un recupero completo, e degli strascichi lunghi e dolorosi che non solo non ti fanno ritornare come prima ma che rischiano di farti ricominciare tutto da capo.

I mesi successivi a un grave infortunio sono delicati, la cautela è fondamentale per evitare ricadute, eventi tutt’altro che rari quando non si vede l’ora di tornare alla vita di prima. Tre mesi di stampelle, un paio di settimane senza tutore con il piede gonfio tipo nonna lamentosa, ancora un po’ di zoppia da affaticamento e poi almeno il camminare riprende normalmente. E ora?

La ripresa sportiva

Il fattore psicologico non solo è importante durante la convalescenza per i motivi elencati, ma è fondamentale anche per la ripresa delle attività sportive. Tutt’ora a distanza di due anni, a volte il pensiero mentre corro o vado in montagna, va lì, a quel rumore di elastico rotto che tanto mi ha fatto penare.

La prevenzione come sempre diviene fondamentale, per cui:

  1. Non fare sport sul dolore
  2. Verifica la presenza di piccoli danni prima di fare crack
  3. Fai le terapie che ti vengono assegnate
  4. Esercitati, allungati, rafforzati
  5. Scaldati prima di partire e non strafare
  1. Non fare sport sul dolore

Se senti dei dolori mentre fai un’attività sportiva non insistere, soprattutto se questi diventano reiterati e costanti. Spesso è una questione di tecnica errata o di supporti (calzature in particolare) non adatti alla tua struttura. Informati e intervieni con l’aiuto degli esperti, se corri, ci sono molti negozi che ti fanno un test dell’appoggio per consigliarti le scarpe più adatte. Io mi sono trovato bene da Runner Store a Milano.

2. Verifica la presenza di piccoli danni prima di fare crack

Non rimandare delle visite, lo sport è importantissimo per il nostro benessere psicofisico ma va svolto con criterio. Approfondisci i fastidi e vai alla causa del problema, non usare palliativi come medicinali o antidolorifici, è come mettere un pezzo nastro adesivo sulla spia dell’olio accesa.

3. Fai le terapie che ti vengono assegnate

Fermati se necessario per un periodo e ascolta i suggerimenti dei professionisti, alleggerisci i carichi, testa gli esercizi e fatti un’idea tua. Ricorda che nessuno conosce meglio di te il tuo corpo.

4. Esercitati, allungati, rafforzati

Dopo un problema, soprattutto se lungo, scoprirai l’importanza del rafforzamento muscolare, dell’allungamento e dell’elasticità anche tendinea. Prendi l’abitudine di fare degli esercizi quotidiani come lo stretching, gli squat, le flessioni e mi raccomando, cura la postura, bastano dieci minuti giornalieri per cambiarti la vita (non solo quella sportiva).

5. Scaldati prima di partire e non strafare

Perdi anche solo 5 minuti prima di un’attività per scaldarti e allungarti. Quando hai bisogno di scaricarti o hai molta voglia di sport, partire a cento viene facile ma ricorda, i benefici si hanno con l’attività prolungata non con uno scatto di cento metri.

Con l’età, ahimè, tutte queste accortezze devono diventare verbo. La nostra macchina perfetta non più la funzionalità dei vent’anni, l’accelerazione deve avvenire in modo più graduale. Cerca di fare sport in mezzo alla Natura, all’aperto, ti riapproprierai delle stagioni e godrai a pieno dei benefici di alzare i battiti. Siamo fatti per stare in piedi e camminare, non per stare dieci ore davanti a uno schermo.

La prima corsa dopo la ripresa

Se stai fermo non succede mai niente

Seppure l’esperienza sia stata generata da un episodio di cui avrei fatto decisamente a meno, porto i mesi passati come un monito per vivere meglio. La fermata forzata mi ha riportato a un’ottica diversa, fuori dalla routine che travolge tutto e che dà poco spazio all’introspezione, momenti che normalmente faccio(facciamo) fatica a ritagliarmi. Ripenso a quei mesi come a un lungo esame di coscienza che (spero) mi abbia migliorato, ridestato una curiosità vivace e dato una spinta a qualche sogno nel cassetto.

Se è successo, dopo i comprensibili rosari iniziali, sfrutta al meglio il tempo, sii costante e fai tutto con calma. Guarda l’incidente come un’opportunità e apriti nuove porte. Ne varrà sempre la pena.

Buon cammino 


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Trekking in Val Malenco: Il Ghiacciaio del Ventina

Il Ghiacciaio
  • Altitudine – 2350 mt (fronte del Ghiacciaio)
  • Difficoltà – Escursionista con un po’di esperienza          
  • Dislivello – 750 mt
  • Gruppo montuoso – Alpi retiche Occidentali
  • Rifugi – Rifugio Gerli Porro (1965 mt) – Rifugio Ventina (1960 mt)
  • Periodo dell’anno (consigliato) – da Marzo a Ottobre
  • Tempo di percorrenza – da Chiareggio 2,30h

Il famigerato surriscaldamento globale sta colpendo anche la Val Malenco e il Ghiacciaio del Ventina si sta ritirando a vista d’occhio. Non perdere l’occasione di andare a visitare uno dei pochi ghiacciai italiani raggiungibili a piedi, per fare il pieno di Natura in uno scenario bellissimo. Il Sentiero Glaciologico Vittorio Sella è un trekking di media difficoltà che ti permetterà di raggiungere una panoramica privilegiata, da considerarsi anche come monito per abbracciare un pensiero incline alla salvaguardia dell’ambiente

Brevi cenni geografici

Il Ghiacciaio è situato tra il Monte Disgrazia(3678) e il pizzo Cassandra (3226), cime alpine che fanno da confine tra la Val Malenco e la Val Masino. La sua fonte è attorno ai 3500mt, la distesa scende lungo la dorsale della Valle del Ventina fino al fronte che muta in continuazione. Dal 1990 ad oggi i ghiacci pare si siano ritirati di ben 600metri, una distanza notevole per un lasso temporale piuttosto breve. Alcuni rilevamenti di fine ottocento collocavano il principio del ghiacciaio a ridosso dei prati dove sono stati costruiti i due rifugi, una notevole “fuga” dalla civiltà. Le sue acque danno fonte al fiume Mellerio.

Chiareggio

Come arrivare

Da Milano/Monza dirigersi verso nord per imboccare la SS36 (Valassina), proseguire fino a Lecco e poi per Colico. Arrivati al Centro Commerciale Fuentes, prendere la Statale SS38 che costeggia il Fiume Adda verso Morbegno/Sondrio. Entrati in città seguire le indicazioni per Chiesa in Val Malenco (SP15), passata Chiesa la strada prosegue e comincia a salire, dopo una ventina di minuti di tornanti arriverai all’abitato di Chiareggio. Lasciati sulla destra i caseggiati e dopo aver fatto colazione, prosegui fino alla fine della frazione dove vi è un ampio parcheggio libero.

Milano 2,30 h Monza 2,10 h

Colori Autunnali

Escursione

Io in questa occasione ho messo da parte l’autogesione e mi sono unito a un gruppo di escursionisti milanesi, iscritto alla camminata ci siamo trovati al parcheggio di Chiareggio. Il percorso è ben segnalato e non potrai sbagliare, farlo in compagnia donerà sempre un valore aggiunto. Incamminati lungo il fiume tenendolo sulla destra fino ad incontrare un ponte che lo attraversa. Da qui intraprendi il sentiero che si addentra nel bosco e comincia a salire con dolcezza costante.

In un oretta tranquilla e non troppo impegnativa giungerai ai due rifugi, sono davvero posti a pochi metri l’uno dall’altro, il Gerli Porro col caratteristico tetto rosso e il Ventina poco più avanti. Poco sotto un laghetto fa da cornice suggestiva che, nei mesi estivi, può essere sfruttata come spiaggiata in relax dopo una signora mangiata (aspetta il ritorno dal trekking, altrimenti non salirai più!).

Passate le strutture il percorso prosegue con a destra il ruscello, circondati da imponenti montagne e alberi più radi del bosco ma non meno affascinanti. Il nostro trekking è stato fatto al principio dell’autunno e i colori riempivano l’atmosfera di bellezza, accenni nevosi e svariate tonalità ci hanno donato un pieno di Natura vera. Risali la morena, alternando tratti pianeggianti a brevi salite. Non percorrerai un sentiero canonico, il fondo è roccioso e quindi occhi aperti.

L’ultimo tratto è quello più impegnativo, niente panico, tira su lo zaino sulle spalle e armati di pazienza. Cerca la linea più congrua e usa le mani se necessarie per l’equilibrio, le pietre che supererai non sono incollate al terreno, fondo sdrucciolevole ma arrivo sempre più vicino. Una mezz’oretta di ripida salita ti porterà alla croce dedicata al G.A.M. Senago, da lì panino vista ghiacciaio del ventina. Ci si può avvicinare ulteriormente per osservare la distesa di nevi perenni, non farlo da solo e non correre rischi inutili.

La Croce

Osservare il ghiacciaio del Ventina da qui ti riempirà gli occhi di mondo, il sole che illumina il ghiaccio e le rocce, il silenzio primordiale riequilibrerà la dima dei bisogni e delle preoccupazioni. Forte è anche l’erosione che riporta alla realtà, la morena sta riconquistando prepotentemente il terreno. La discesa, essendo concepito come percorso ad anello, si percorre dal lato sinistro del torrente, seguendo un tracciato un po’ più morbido dell’andata. Un paio di ore per tornare all’auto.

Pranzo con vista

 Attrezzatura

Come per ogni escursione portati sempre da bere e qualcosa mangiare, cerca di avere comunque un litro di acqua e qualche snack energetico (frutta secca, uva passa, barrette…). Se non vuoi fermarti in rifugio portati il pranzo al sacco come abbiamo fatto noi. Importante avere degli scarponi adatti, sostegno alle caviglie e buon grip, calze adeguate, non improvvisate la salita con delle sneakers.

In base alla stagione un cambio per non raffreddarsi in caso di sudata importante, vestitevi a cipolla e regolatevi in base alla temperatura. Io non uso bacchette abitualmente, ma nel caso specifico saranno di grande aiuto, indi super consigliate. Zaino comodo, 20 litri più che sufficienti.

Verso Sud

Cos’è un ghiacciaio

Il ghiacciaio è una stratificazione di nevi perenni che, a causa delle gelide temperature di quota, formano una massa glaciale. Si formano negli avvallamenti tra le cime montuose, non sono entità ferme ma a causa della gravità e del cambio climatico si muovono verso valle. Se vuoi farti un’infarinatura sul tema, la pagina Wikipedia può essere un buon viatico. Oggi il ghiaccio ricopre circa il 10% delle terre emerse contro il 30% di 20.000 anni fa.

Belle le parole di Paolo Cognetti nel romanzo le Otto Montagne: “l’estate cancella i ricordi proprio come scioglie la neve, ma il ghiacciaio è la neve degli inverni lontani, è un ricordo d’inverno che non vuole essere dimenticato.”

Un’esperienza da non rimandare

Osservare una distesa imponente di ghiaccio dà l’idea di entità ferme nel tempo, che assistono da osservatori disinteressati all’evoluzione, la quale a volte tramuta in involuzione. Per me un ghiacciaio misura il trascorrere delle lancette in modo invisibile regalandoci la certezza di qualcosa che è lì, sempre e comunque. Questa sicurezza sta svanendo e certe bellezze vanno visitate prima che la mano umana non cancelli quello che la Natura ha creato in migliaia di anni prima di noi. Non rimandate la gita al Ghiacciaio del Ventina perché, ahimè, non avrà probabilmente molti altri inverni da ricordare.

Buon cammino


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La cima degli sportivi – Salita al Monte Cornizzolo

Un trekking facile per godersi la Natura e una vista mozzafiato

Vista dalla vetta
  • Altitudine – 1241 mt
  • Difficoltà – Escursionista          
  • Dislivello – 583 mt
  • Gruppo montuoso – Prealpi Lombarde
  • Rifugi – Rifugio Sec Marisa Consigliere (1109 mt)
  • Periodo dell’anno (consigliato) – Tutto l’anno
  • Tempo di percorrenza – 2 ore da Eupilio

Un’escursione ideale per chi vuole lasciare in pianura l’aria inquinata, i ritmi frenetici e i pochi colori delle città. Il Monte Cornizzolo è una cima che offre molte alternative per gli sportivi di ogni età e preparazione, l’ascesa può avere svariate sfaccettature. Trekking, Mountain Bike, trail running e parapendio trovano nella montagna una varietà di percorsi molto stimolanti per allenarsi o semplicemente godersi la natura. Ti parlerò dell’escursione da Eupilio, la più battuta per raggiungere la croce in vetta. Enjoy!

Brevi Cenni geografici

Il Cornizzolo, dirimpettaio del Monte Rai, regala una visuale a 360° piena di panorami a cui dedicare dei frames della nostra memoria. A sud i laghi di Pusiano e Annone, a nord le Alpi Valtellinese e Svizzere, a est il Resegone e il lago di Garlate e infine verso ovest la parte occidentale del triangolo lariano, di cui è l’ottava vetta per altezza. A metà tra le province Como e Lecco, la vetta abbraccia ben sette amministrazioni comunali.

Il Monte Rai

Brevi cenni storici

Sono stati ritrovate delle tracce della presenza dell’uomo risalenti all’era Mesolitica. Segni chiari di accampamenti di cacciatori preistorici, incisioni rupestri, ossa umane e animali confermano la vita sul monte già più di 7000 anni fa. Considerata una montagna di culto, vi è posta sulla sua sommità una croce in ferro battuto, che sostituisce quella in pietra che svettava in antichità (conservata sul piano del Cornizzolo).

Come arrivare

Milano Monza – Dirigiti verso nord per imboccare la SS36(in gergo Valassina), continua in direzione Lecco fino all’uscita Annone Brianza. Allo svincolo gira a sx seguendo le indicazioni prima per Como (sp49), e a seguire per Eupilio. Sali i tornanti della SP42 (Via Roma che diventa via Cornizzolo), la strada si fa stretta, occhio che è doppio senso di marcia. Qualche centinaio di metri prima di giungere alla Trattoria Brianzola al principio della salita (il parcheggio è riservato ai clienti), ci sono dei posti liberi (dai un occhio alla traccia;))dove lasciare l’auto e la pigrizia.

Milano 1h,30 – Monza 1h

L’escursione da eupilio

Lasciata l’automobile, prendi l’unica strada asfaltata che salendo, ti porterà in una decina di minuti alla Trattoria. Superato l’edificio si presenta poco dopo una sbarra che impedisce il transito veicolare, da qui avrai due alternative: proseguire sulla morbida strada asfaltata che sale in maniera costante, o cercare un sentiero che percorre la cresta della montagna (difficoltà maggiore).

La prima parte della sgambata è immersa nel bosco la vegetazione piuttosto fitta e l’ombra non manca. Dopo una mezz’oretta lo scenario si apre, il percorso diviene esposto con l’occhio che ringrazia per gli scorci sui laghi a sud, ma nelle giornate più calde, il sole non ti darà tregua. La salita prosegue lineare, nel mio caso sono partito dalla pianura in una fredda e nebbiosa giornata autunnale e, salendo di quota ho meravigliosamente scoperto un cielo assolato e terso, che guardando a valle mi ha regalato la sensazione di stare letteralmente sopra le nuvole.

Salendo di quota potrai facilmente imbatterti in alcuni amanti del parapendio che attendono il vento giusto, difatti il Cornizzolo è uno delle mete preferite dagli appassionati. La strada rientra sulla sinistra, abbandoniamo per poco la splendida vista verso la brianza, e proseguendo di buon passo vedrai sopraggiungere la visuale di un grosso edificio bianco e rosso. L’enorme rifugio Maria Consiglieri troneggia alle pendici del monte, aperto il mercoledì e la domenica offre una cucina e anche 16 posti letto. Poco più avanti una chiesetta in pietra, ma non ti rilassare troppo la vetta è ancora da raggiungere.

Verso Sud

Dal rifugio guarda in alto a sinistra per scorgere la croce, non ti spaventare la pendenza è gagliarda ma vedrai che ce la farai senza problemi. Per percorrere i trecento metri finali occorreranno circa venti minuti, sia per la pendenza e sia per la cautela necessaria a non correre rischi. Sterrato e roccioso, l’ultimo tratto spremerà le tue gocce di sudore, aumenterà i battiti che impiegheranno un po’ prima di riprendere la normalità, più che per la fatica per lo stupore che ti coglierà una volta arrivata/o. La salita al Monte Cornizzolo è giunta a conclusione, dalla vetta potrai osservare in ogni direzione il territorio circostante, l’autostima per la scalata donerà ulteriore lustro a quello che vedrai. Per il ritorno ripercorri lo stesso tratto, scendendo sarai più veloce e in 1h,30 rientrerai alla macchina.

Lago di Lecco

Varianti per la salita al Cornizzolo

Puoi raggiungere la cima partendo anche dalle località Gajum di Canzo, Civate e Suello. Io non ho effettuato i percorsi, ma leggendo scopro che le prime due escursioni (Gajum e Civate) non differiscono molto come pendenza e durata di quella da Eupilio. Da Suello invece parte la direttissima che in 2,5 km ti porterà alla vetta, percorrendo meno strada ma affrontando una pendenza decisamente più impegnativa.

Sopra le nuvole

Ricaricarsi con la Natura

Una giornata speciale, da ricordare. Lasciarsi alle spalle un cielo grigio novembrino e una settimana lavorativa lunga, con poche soddisfazioni. Andare un po’ più su per osservare da una diversa prospettiva l’ambiente circostante, trovare un bel sole caldo e lo splendido regalo di osservare le nuvole dall’alto. La salita al Monte Cornizzolo è un’escursione piuttosto facile, donando soddisfazioni che ampiamente ripagano la fatica. Organizza una giornata piena di bellezza, sali in vetta e goditi una mezz’oretta di quiete osservando la natura che ti circonda, ti assicuro che sarà meglio di qualsiasi programma televisivo.

Croce in vetta

Buon Cammino


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Escursione tra Natura e Storia – Il Monte Barro

La vista Sud dalla Vetta
  • Altitudine – 922 mt
  • Difficoltà – Escursionista          
  • Dislivello – 551 mt
  • Gruppo montuoso – Prealpi Luganesi
  • Rifugi – Eremo del Monte Barro
  • Periodo dell’anno (consigliato) – Tutto l’anno
  • Tempo di percorrenza – 1,30 da Galbiate

Vuoi fare un’escursione breve, adatta a tutti e con una bella panoramica vicino alla Brianza cittadina? Il Monte Barro offre una rete di sentieri per ogni gamba, un trekking tra natura e Storia. La sua prominenza non elevata viene incontro anche ai meno allenati. La ricompensa sarà uno scorcio dalla cima su ben quattro laghi lecchesi, quindi, prepara lo zaino e goditi i passi.

Come arrivare

Da Milano/Monza: dirigiti verso nord e prendi la ss36(valassina), prosegui in direzione Lecco fino all’uscita Civate. Segui il raccordo e svolta a dx in via Monte Oliveto che diventa dopo poco Via Solaro. Allo stop gira a sx e prendi Via Como, continua fino a svoltare a sx per prendere Via Monte Barro. Segui le indicazioni per il parcheggio del monte.

1h da Monza – 1,30h da Milano

Brevi cenni geografici

La Montagna di Galbiate, nome alternativo della cima, coi suoi 922mt di altitudine offre ai camminatori una serie di vedute suggestive, potrai godere di un luogo privilegiato per osservare i laghi di Annone e Pusiano a sud ovest e Garlate a est. Verso nord Lecco e il principio del lago caro al Manzoni. Il Monte fa parte della sezione delle prealpi luganesi, si tratta di una delle prime cime che si incontrano provenendo da Milano verso nord

Laghi di Annone e Pusiano

Brevi cenni storici

Sono tutt’ora in essere degli scavi archeologici nell’area, negli anni passati sono stati rinvenuti diversi oggetti originari del medioevo. I resti di una torre hanno condotto e alimentato le ricerche, una cinta muraria collegata ad essa e uno sparuto gruppo di abitazioni sono le deduzioni collegate alla scoperta. L’area era(è) particolarmente strategica, poiché la visuale sulle principali vie di comunicazione, Lecco e l’area del Adda, la fecero scegliere dalle popolazioni conquistatrici come sito di controllo. Molti reperti sono conservati nel museo organizzato all’interno dell’Eremo.

Museo archeologico del Monte

Il museo presso l’eremo (790mt) è intitolato al Prof. Giuseppe Panzeri, principale artefice della costituzione del sito archeologico. Diversi i reperti esposti appartenenti ai Goti, popolazione germanica insediatasi in zona a cavallo tra il IV e V secolo dc. Per i dettagli ti invito a dare un’occhiata al sito del museo. L’eremo offre anche un bar, e un ristorante dove è fondamentale prenotare dato che non sempre in servizio.

La salita verso l’eremo

Escursione

Parcheggiata l’auto, segui i cartelli marroni e comincia a salire. Il Percorso è ben segnalato, e si sviluppa nel bosco con buona parte di ombra nella prima tratta. Lasciati alle spalle le ultime abitazioni, dove gli animali vengono allevati con la lentezza necessaria, offrendogli l’opportunità di scorrazzare in un contesto adatto alla loro natura libera.

Fondo in principio di asfalto per diventare un percorso di pietre ben curato e pensato (c’è anche il corrimano). Dopo una mezz’oretta si giunge al primo bel quadro verso i piccoli laghi a sud, una panchina intima alla sosta non per fatica ma per bellezza. Prosegui ringalluzzito verso l’eremo e curiosa dentro e nei dintorni, dove è stato eretto il santuario della Madonna del Giglio, graziosa chiesetta per un passaggio di spiritualità d’altura.

Ora comincia il vero e proprio trekking montanaro, la strada sale e anche la vegetazione cambia. Al bivio puoi procedere verso il giardino botanico (gradevole un giretto anche lì) per un tracciato più irto, oppure prendere la strada che sale più dolcemente. I due percorsi si ricongiungono poco più avanti. L’aria è fresca sul viso, il sole scalda e libera la vitamina D, l’ultimo tratto è tutto esposto. Il quarto d’ora finale è decisamente il più impegnativo, roccia e pochi appigli, con calma e con l’uso delle mani (non serve Messner eh) goditi la fatica perché la croce della cima è lì che ti guarda. Ad aspettarti la soddisfazione di un già citato panorama, e ricordati che un panino con una vista del genere diventa gourmet.

La Croce in Vetta

Storia, natura, sport, bellezza, l’escursione al Monte Barro ti regala una splendida (mezza) giornata, ricca di spunti per soddisfare tante inclinazione e ricerche. Uno svago temporaneo, una passeggiata che conduce in un oretta abbondante ad una vetta raggiungibile facilmente, che può rivelarsi un battesimo vincente per chi si avvicina al trekking. Invece del centro commerciale pensa a un sabato mattina diverso, prova a salire sul Monte barro, non te ne pentirai.

Link Utili

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Trekking sulla vetta più alta del triangolo lariano – escursione sul Monte San Primo

Altitudine – 1682mt

Difficoltà – E (escursionista)

Dislivello – 709mt dal Piano Rancio

Gruppo montuoso – Prealpi comasche

Rifugi – Rifugio Martina (1380mt)

Periodo dell’anno (consigliato) da Marzo a Novembre

Tempo di percorrenza: A:1,30h – R:1,15h (dal Piano Rancio)

Una bella e panoramica escursione giornaliera non troppo distante dall’hinterland, con annesso un caratteristico pranzo in rifugio o un pic-nic vista lago e vette. Il Monte San Primo troneggia in un punto decisamente strategico.

Brevi cenni geografici

Coi suoi 1682 mt è la cima più alta del triangolo lariano, porzione di territorio delimitato ai lati dai due rami del lago di Como e alla base da sei piccoli laghi (Segrino, Pusiano, Alserio, Montorfano, Annone e Garlate). Dalle sue dorsali nasce il Torrente Perlo. Il monte fa parte amministrativamente del comune di Bellagio.

Come arrivare

Da Milano – Monza: dirigiti verso nord per imboccare la statale SS36, direzione Lecco, prendere l’uscita Annone Brianza e gira a sx in Via Marco D’Oggiono/SP49. Prosegui in direzione Canzo/Asso. Giunto a Magreglio, prima della Madonna del Ghisallo (protettrice dei ciclisti) gira a sx. Dopo pochi minuti arriverai al Parcheggio.

1 h da Monza – 1,30 h da Milano

Periodo dell’anno

L’escursione al Monte San Primo può essere fatta in ogni periodo dell’anno, tenendo un occhio vigile al meteo. Ogni stagione dona le sue particolarità regalandoti una gamma varia e unica di colori e profumi. Io tuttavia consiglio ai meno esperti di evitare i mesi più freddi (dicembre, gennaio e febbraio). Il terreno potrebbe essere innevato e la ripida salita (dal piano rancio), potrebbe risultare impegnativa per gli hikers non abituati alla montagna invernale.

La fine del Sentiero

Escursione al Monte San Primo– da Piano Rancio

Dal parcheggio del piano Rancio segui le indicazioni per il rifugio Martina, la strada entra in un suggestivo bosco, si comincia a salire testando la tua forma del giorno. In breve assaporerai lo scenario sul lago, un assaggio della meravigliosa ricompensa che ti aspetta in vetta.

In 20/25 minuti si giunge al Rifugio, e se hai intenzione di pranzarvi ti consiglio di prenotare per tempo (da provare!). Dal Martina il sentiero riprende l’ascesa, costeggiando dei bei prati che richiamano il relax, non farti attrarre dalle sirene dell’ozio ma prosegui, ancora uno sguardo pieno al lago prima di addentrarti in una boscaglia tagliata da un sentiero roccioso e un po’ impegnativo. La salita non concede tregua ma non demordere.

La vegetazione si fa meno fitta, l’esposizione si apre per gli ultimi venti minuti di cammino, con qualche stralcio sul panorama. Ultimi strappi pensati per inzuppare completamente la maglietta, aiutati se necessario con le mani (nel caso tu non abbia i bastoni). Rampa finale a raccogliere finalmente il sorriso soddisfatto ed estasiato che si stamperà sul tuo viso. Da sopra c’è l’imbarazzo della scelta, ovunque si guardi è godimento per gli occhi. In vetta una croce e due antenne radio, ma soprattutto tanti punti dove fare delle belle foto.

Per il ritorno ripercorri il sentiero dell’andata, con cautela in 45/50 minuti si ritorna al rifugio per la meritata polenta uncia (hai consumato un sacco di calorie, puoi permettertela).

 

La Vista dalla Vetta

Escursione dalla Colma di Sormano

Percorso più lungo ma con una salita più graduale. Il sentiero è più esposto

Pro – visuale aperta con la fatica mitigata da quello che vediamo, dislivello più morbido.

Contro– nessun riparo dal sole e più chilometri.

Il tempo di percorrenza di questa variante è di circa 2,20h in salita e 2h in discesa. Non ho provato ancora questo tratto, appena riuscirò sarò più esaustivo.

Ultimo tratto arrivando dalla colma di Sormano

Visuale

Pur non essendo una vetta altissima offre agli escursionisti una vista privilegiata. Difatti, verso Nord abbiamo un’ampia visuale sulla Valtellina e le Alpi, a sud la velenosa Brianza, Milano e nelle giornate più limpide si può intravedere la linea sottile delle dorsali appenniniche. Dalla cima ci si rende conto della forma del Lago di Como, coi due rami ai lati e la parte centrale che si sviluppa davanti a Bellagio. Una veduta tra le più belle, fin ora godute, della regione a mio avviso.

Attrezzatura

Come per ogni escursione portati sempre da bere e qualcosa mangiare. La durata è piuttosto breve, cerca di avere comunque un litro di acqua e qualche snack energetico (frutta secca, uva passa, barrette…). Scarpe adatte al trekking con un buon sostegno alla caviglia, calze adeguate, come sempre consiglio di non lesinare sulla qualità dei supporti per i nostri piedi. Un cambio maglietta a discrezione.

Io non uso bacchette abitualmente, in questi frangenti ammetto che sono piuttosto utili, in particolar modo per mantenere un buon equilibrio in discesa.

Zaino comodo, 20 litri più che sufficienti.

Fate il pieno di panorama

La salita al Monte San Primo si presta a molti ma non proprio a tutti, eviterei di portare bambini troppo piccoli o non abituati a camminare. Per gli adulti è un buon banco di prova, sono convinto che la vista invogli anche i più pigri alle escursioni. Il rifugio è raggiungibile da chiunque per godersi comunque un bel panorama oltre che il pranzo che, dopo la fatica e con gli occhi pieni di beltà, ha tutto un altro sapore. Ricordati sempre: un passo alla volta e goditi il viaggio.


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La scelta dello zaino: suggerimenti e consigli

Montefiascone – Via Francigena

Per scegliere lo zaino da trekking dovrai ricordarti che durante un cammino sarà il tuo armadio e la tua cucina, praticamente una casa sulle spalle. Tutto il necessario deve starci, diviso e organizzato di modo che l’accesso a quello che cerchiamo sia rapido, senza dover svuotare il contenuto ogni volta. Ovviamente in base alla stagione le priorità varieranno, improbabile ti servano dei guanti d’estate, ma ci sono due elementi che devono essere sempre di facile accesso:

  • L’acqua
  • Il cibo

L’acqua è vita, questa è una certezza. Fondamentale idratarsi durante un cammino, anche se non avverti la sete, previene tra l’altro numerosi infortuni muscolari e tendinei. Per questo le borracce o le bottigliette debbono farsi trovare facilmente mentre cammini, macchinoso e demotivante se ogni volta dovrai togliere lo zaino e cercare i contenitori per bere. Il mio consiglio è quello di avere uno zaino con due tasche laterali per mettere i contenitori. Dopo un po’ di pratica riuscirai a prenderle da sola/o senza levare lo zaino.

Fondamentale anche nutrirsi quando si svolge un’attività dispendiosa per lunga durata. Per questo anche il cibo dovrà trovarsi in un punto che ti permetterà di recuperarlo facilmente. Ci sono zaini che hanno una o più tasche sulla parte esterna che sono assolutamente comode per riporre quello che ti servirà maggiormente mentre cammini. In alternativa fare un sacchetto di viveri e metterlo nelle parte superiore della tasca principale. Leggi anche l’elenco degli articoli da mettere nello zaino.

Verso il santuario di San Luca – Via degli Dei

Caratteristiche da valutare prima di acquistare zaino

  • Capienza
  • Traspirabilità
  • Leggerezza
  • Praticità
  • Solidità
  • Adattabilità

Capienza

Lunghi cammini

Uno zaino da 40/50 litri va più che bene. Se si dorme in tenda bisogna essere più che bravi a farci stare tutto, diventerai granmaster dei camminatori se riuscirai a non legare niente fuori dallo zaino (compresa la tenda). L’impresa è ardua ma tentaci! Legare tende, materassini o qualsiasi altro oggetto fuori dallo zaino a volte è inevitabile, ma presta attenzione a non creare troppa sporgenza. Nei sentieri con molta vegetazione è facile rimanere impigliati, col concreto rischio di strappare e rompere qualcosa, o addirittura di farsi male.

Hiking in giornata

Uno zaino di 20-30 litri è sufficiente. Ovviamente per una camminata in giornata non ti servirà molto: acqua, cibo e una maglietta di ricambio in estate, qualche indumento più pesante in inverno. #vestirsiacipolla

Traspirabilità

L’appoggio sulla schiena, in particolar modo d’estate, ti farà sudare parecchio. Gli zaini di nuova generazione sono provvisti di una rete elastica che crea un leggero passaggio d’aria tra te e lo schienale, permettendo una buona traspirabilità e minor fastidio per l’inzupparsi della maglietta. Eviterei quelli con le strutture il alluminio che, pur essendo leggere, comportano comunque maggior peso da portare.

Tra Lierna e Varenna – Sentiero del Viandante

Leggerezza

Ricordati sempre “è la somma che fa il totale” – (Totò). Quando prepari lo zaino devi pensare che ogni articolo che metti, per quanto possa essere leggero, si unirà a tutto il resto gravando sulla nostra schiena. Per questo uno zaino già leggero di suo è un’ottima base di partenza. Esistono zaini superleggeri ma, ahimè, hanno dei costi piuttosto elevati. Come in tutto il compromesso è tra confort e disponibilità personale.

Praticità

Ogni oggetto dev’essere accessibile e organizzato per avere meno nervosismi inutili e goderci il cammino. Avere delle tasche facilità il progetto mentale di distribuzione, per questo averne qualcuna in più è secondo me importante. Tasca superiore, laterali (per le borracce), frontali, trovo molto comode anche quelle sulla cinghia da legare in vita (io ci metto fazzoletti di carta e salviette). Insomma, senza perdere compattezza, le tasche ti aiutano a predisporre meglio il carico.

Solidità

Sarebbe un grandissimo problema se dopo qualche giorno di cammino ci trovassimo con uno spallaccio scucito o con qualche tasca dove la zip non funziona più. Si possono trovare ottimi zaini con 50/60 euro, ma non andare troppo al risparmio tralasciando la buona fattura del tuo compagno di viaggio.

Adattabilità

Ognuno di noi è fatto fisicamente a proprio modo, lo zaino deve essere provvisto di tutte le cinghie necessarie per regolare la posizione. Trasportare un sacco di patate appoggiato sul culo è garanzia di mal di schiena, camminare è fatica ma non deve diventare una tortura. Perciò:

  1. Lo zaino deve essere alto e ben tirato sulle spalle, la sensazione è quella di avere un bambino sulla schiena
  2. Cinghia tirata sulla pancia in modo da distribuire il peso anche sulla vita, evitando sovraccarico spalle/schiena
  3. Cinghia sul petto allacciata per migliorare la postura e scaricare un po’ di peso anche sulla parte anteriore

Per quanto riguarda la distribuzione dei prodotti bisogna partire dal più pesante (sul fondo dello zaino) a salire. Sperimenta e trova il tuo assetto comodo.

Colle Gran San Bernardo – Via Francigena

Un ultima parola sulla copertura – Copri zaino waterproof

Fondamentale. Gli zaini moderni l’hanno quasi tutti integrato, altrimenti sono in commercio dei copri zaini a buon prezzo, validi per ogni capacità necessaria, dai 20 ai 90 litri. Pensa a un acquazzone che ti colpisce improvvisamente, tutto il contenuto dello zaino sarà fradicio, in particolare gli abiti, il cammino sarebbe compromesso se non trovassi presto un asciugatrice o se il clima non ti permette di stenderli. Impermeabilizzando lo zaino, e te stessa/o ovviamente, potrai camminare anche sotto la pioggia, con le dovute precauzioni si intende.

Buon Cammino


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Cosa mettere nello zaino – Elenco completo

Preparazione al Cammino dei Briganti in tenda

Importante avere una lista di tutto quello da portare in cammino, per praticità e per non correre il rischio di dimenticare qualcosa che ci potrebbe tornare utile.

Le variabili sono molte:

  • Dormire in strutture (B&B, accoglienze, alberghi…) o tenda
  • Periodo dell’anno
  • Contesto geografico e climatico (ok partire in agosto ma a 2000mt la notte fa freddo)

Di seguito un elenco dei prodotti che, con la mia esperienza, reputo importanti mettere nelle zaino, periodicamente linkerò ogni articolo esaminandolo/motivandolo singolarmente.

Il mantra è comunque: meno si porta meno pesa lo zaino:), come diceva Totò: “è la somma che fa il totale”. Pensateci quando direte “ma sì, questo pesa pochissimo”

Pernottamento in Strutture

  1. Zaino
  2. Scarpe da trekking
  3. Borracce
  4. Viveri
  5. 2/3 magliette per camminare
  6. 1/2 pantaloncini per camminare/sera
  7. 2/3 paia di mutande
  8. 2/3 paia di calze
  9. Ciabatte
  10.  Cappellino o Bandana
  11.  Occhiali da sole
  12.  Crema solare
  13.  Asciugamano in microfibra
  14.  1 paio di pantaloni lunghi leggeri
  15.  Felpa o Pile
  16.  Kit pronto soccorso
  17.  Smartphone
  18.  Power bank
  19.  Sacco lenzuolo
  20.  Kit igiene personale
  21.  Copri zaino waterproof
  22.  Giacca antipioggia
  23.  Caricatori (cellulare e power bank)
  24.  Credenziale (per i cammini che la prevedono)
  25.  Guida e/o mappa
  26.  Una maglietta per la notte
  27.  Sapone di Marsiglia
  28.  Delle corde
  29.  Torcia frontale
  30.  Coltellino svizzero
  31.  Costume
  32.  Ago e filo
Cammino di Oropa 22

Da aggiungere se si dorme in tenda

  •  Tenda
  •  Sacco a pelo (in questo caso diventa superfluo il sacco lenzuolo)
  •  Fornello
  •  Pentola
  •  Accendino

Cammino autunnale/invernale

Cambia il clima diverso il vestiario, il numero di magliette corte si può ridurre in virtù di maglie tecniche a maniche lunghe, i pantaloncini diventano soggettivi (io li preferisco anche quando non fa caldo). Sotto gli elementi da integrare o sostituire con quelli estivi.

  •  Piumino
  •  Maglia termica
  •  Cappellino di lana
  •  Guanti
  •  Scalda collo
  •  Pantaloni invernali

Sul pesare o meno lo zaino ognuno ha la sua opinione. Io non lo faccio perché dare un entità numerica al bagaglio sulle spalle mi farebbe sentire ogni kilo con uno zero in più (la mente, quale potente strumento…).

Inutile dire che si tratta di valutazioni personali, una lista che può essere d’aiuto ma senza pretesa di verità assoluta, ognuno con l’esperienza scoprirà quali sono gli articoli fondamentali per il proprio cammino.


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Il primo passo – Com’è nata la voglia di camminare

Tra il passo della Cisa e Pontremoli

Ripensare a come è nata la voglia di camminare stampa sul mio viso un sorriso compiaciuto. Dal primo passo alle centinaia di chilometri percorsi, i colori, i panorami e i visi incrociati sono davvero molti. Cominciò tutto quasi per caso, un pomeriggio noioso di inizio estate. Le vacanze erano vicine, il profumo di “libertà” nell’aria, sentivo forte il bisogno di sfruttare il tanto agognato tempo libero. Non ho mai sentito nelle mie corde il passare 15/20 giorni nella medesima località di villeggiatura, stessa spiaggia stesso mare è terminato con la prima adolescenza.

La voglia di girare, di cambiare posto, di vedere paesaggi e paesi diversi sono probabilmente figli di una curiosità vorace e di una voglia di conoscere innata, alimentata dal passare degli anni. In quel momento dovevo congelare, almeno per un periodo, gli usi e costumi da “grigio pendolare” e dare ossigeno al cervello anestetizzato dalla routine. Sta di fatto che una serie di informazioni latenti nella mia testa mi fecero digitare sull’onnisciente Google: turismo lento.

Scoprire l’universo dei Cammini

I risultati della ricerca esibirono articoli interessanti, promuovendo un tipo di vacanza diversa e la crescita importante che questo modo di viaggiare stava avendo negli ultimi anni. Andare da A a B con la sola forza del proprio corpo e senza combustione, utilizzare il tempo per muoversi e non solamente per oziare. I cammini sono tra i viaggi più comuni per gli amanti del genere, su tutti il Cammino di Santiago, nelle sue numerose varianti è senza dubbio il più famoso. Da buon bastian contrario non volevo fare il più comune. Scoprii che avevamo uno splendido e meno conosciuto cammino in Italia, la Via Francigena.

La Francigena in Toscana

Il mio navigare proseguì con la lettura di alcuni articoli a riguardo, testimonianze e suggerimenti, l’idea mi incuriosiva sempre di più, pensavo spesso in quei giorni se provare o meno, anche se col senno di poi la decisione in fondo era già stata presa. La parte italiana del percorso (la via comincia da Canterbury in Inghilterra) parte dal passo del Gran San Bernardo e arriva a Roma. Il tempo per percorrerla tutta non l’avevo, dato che si parlava di 1000km divisi in 45 tappe (canoniche), elemento che sommato all’ignoto prospetto del viaggio e al timore di tornare più stanco della partenza mi fecero optare per una settimana, un tratto. Anche qui l’istinto fu padrone, l’occhio brillò su Fidenza (relativamente vicina) dove decisi di partire per giungere in sette giorni a Massa, una parte tra le più apprezzate in base alle esperienze altrui.

Stazione di Fidenza

Preparazione del materiale da portare, leggevo e m’informavo, rispolverai lo zaino dell’interrail di venti anni prima, chiamate alle strutture dove avevo intenzione di pernottare e scarico dell’ottima app gratuita. La voglia di avventura era forte, minata però da numerose paure e ansie, blocchi che verranno spazzati via dopo un paio di giorni di cammino.

Quando si prende il ritmo non ci si ferma più

Ancora non sapevo che la Via Francigena mi avrebbe cambiato il modo di affrontare la vita, non sapevo che mi sarebbe piaciuta talmente tanto l’esperienza che nel successivo anno sarei riuscito a percorrerla tutta in vari periodi (dovevo e devo far coesistere la voglia di camminare col lavoro), guadagnando una nuova fiducia in me stesso e soprattutto nel prossimo.

Questo viaggio mi regalò la consapevolezza che camminare risolve molte ansie inutili, alleggerisce lo spirito e droga naturalmente l’umore. Stare a contatto diretto con la natura, avere il cielo sopra la testa per buona parte della giornata sono condizioni ideali per l’essere umano, quantomeno sono le mie. Avevo piacevolmente scoperto che non c’è bisogno sempre di qualcuno per fare quello che vorrei, basta farlo, perché ognuno è l’artefice del proprio operato, per quanto minato e congestionato, per quanto difficile e pieno di ostacoli, la volontà di cambiare o di fare deve nascere da dentro, sempre. Quindi un passo alla volta, l’importante è partire, il resto verrà da sé.


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