La mia esperienza con l’infortunio: la Rottura del Tendine d’Achille

Qualche consiglio e come l’ho vissuta

La stampella uggiosa

Incipit – Settembre ‘20

Ti senti in forma, corri tre volte a settimana perché non ti è passata la voglia di fare una maratona appena riaprono gli eventi. Poi, ci sono un sacco di trekking in scaletta, ne hai già qualcuno in programma, non vedi l’ora di immergerti ancora nella Natura. Un collega ti chiede: “la organizziamo una partita di calcetto? Una roba tranquilla, tra di noi, senza troppa competizione, per divertirci” (si dice sempre così). Io penso “non gioco a calcio da tre anni ma dai, la gamba e il fiato non mancano, perché no? E poi quando vedo un pallone ritorno istantaneamente dodicenne, mi manca”. Ok, prenotiamo il campo.

Ritrovo, indosso delle scomodissime scarpe da calcetto, corro, un po’ a vuoto perché vero che sono allenato, ma l’inattività calcistica paga dazio e ogni sport ha regole atletiche proprie, si usano muscoli completamente diversi. Mi passano la palla, mi sposto lateralmente per andarle incontro e STACK. Un grosso elastico che si rompe, cado imprecando in uzbeco contro l’ignaro (e innocente) avversario dietro di meno, ma soprattutto verso il fato e me stesso. Tutto inutile, il fatto rimane. Capisco subito l’entità, ho assistito a uno stesso infortunio alcuni anni fa, mi tocco dietro la caviglia e sento molle. Rottura del Tendine d’Achille. In un secondo, per alcuni mesi, si dovrà completamente cambiar direzione.

In ospedale

Accetta e Non perderti d’animo

Pronto soccorso, ricovero in attesa dell’operazione, operazione. Esco e non potendo camminare mi stabilisco a casa dei miei, altra dinamica che alla lunga minerà la mia radicata indipendenza. Mi ritrovo con una gamba fuori uso, poco autonomo e con qualche mese davanti di convalescenza. L’umore è piuttosto a terra, il principio della salita spaventa, ma oramai è successo, indietro non si torna, superato il momento iniziale mi armo di pazienza cerco di sfruttare questo extra bonus di tempo libero per migliorarmi. D’altronde anche durante il lockdown, passata la confusione iniziale, ho cercato di organizzare il tempo per fare quello che mi piace e che durante il frenetico quotidiano faccio davvero fatica a dedicarci del tempo.

Sfrutta il tempo libero

Leggo un libro a settimana, scrivo articoli sul mio blog musicale, e tra una puntura di eparina e una tisana al luppolo mi impegno a fare alcuni esercizi quotidiani, compatibili con la mia limitata mobilità. Tolgo i punti e metto un tutore, che sarà mio compagno di viaggio per tre lunghi mesi. Passano i giorni e comincio anche ad uscire, in stampelle cerco di muovermi una mezz’oretta sia per vivere un po’ di aria aperta e sia perché l’azione fa guarire prima, ricordati che l’immobilità rende la forza di gravità paralisi. Le settimane scorrono tra medi e bassi umorali.

Il fedele Tutore – Robocop spostati

Fai la riabilitazione e segui i consigli

In questi frangenti è importante non bruciare le tappe, seguite sempre i consigli e gli steps prospettati da chi ha studiato l’argomento e ha visto molti infortuni. Purtroppo il tempo è necessario per ritornare come prima, non ci sono scorciatoie. La gradualità della ripresa e l’attenzione possono fare un enorme differenza tra un percorso netto con un recupero completo, e degli strascichi lunghi e dolorosi che non solo non ti fanno ritornare come prima ma che rischiano di farti ricominciare tutto da capo.

I mesi successivi a un grave infortunio sono delicati, la cautela è fondamentale per evitare ricadute, eventi tutt’altro che rari quando non si vede l’ora di tornare alla vita di prima. Tre mesi di stampelle, un paio di settimane senza tutore con il piede gonfio tipo nonna lamentosa, ancora un po’ di zoppia da affaticamento e poi almeno il camminare riprende normalmente. E ora?

La ripresa sportiva

Il fattore psicologico non solo è importante durante la convalescenza per i motivi elencati, ma è fondamentale anche per la ripresa delle attività sportive. Tutt’ora a distanza di due anni, a volte il pensiero mentre corro o vado in montagna, va lì, a quel rumore di elastico rotto che tanto mi ha fatto penare.

La prevenzione come sempre diviene fondamentale, per cui:

  1. Non fare sport sul dolore
  2. Verifica la presenza di piccoli danni prima di fare crack
  3. Fai le terapie che ti vengono assegnate
  4. Esercitati, allungati, rafforzati
  5. Scaldati prima di partire e non strafare
  1. Non fare sport sul dolore

Se senti dei dolori mentre fai un’attività sportiva non insistere, soprattutto se questi diventano reiterati e costanti. Spesso è una questione di tecnica errata o di supporti (calzature in particolare) non adatti alla tua struttura. Informati e intervieni con l’aiuto degli esperti, se corri, ci sono molti negozi che ti fanno un test dell’appoggio per consigliarti le scarpe più adatte. Io mi sono trovato bene da Runner Store a Milano.

2. Verifica la presenza di piccoli danni prima di fare crack

Non rimandare delle visite, lo sport è importantissimo per il nostro benessere psicofisico ma va svolto con criterio. Approfondisci i fastidi e vai alla causa del problema, non usare palliativi come medicinali o antidolorifici, è come mettere un pezzo nastro adesivo sulla spia dell’olio accesa.

3. Fai le terapie che ti vengono assegnate

Fermati se necessario per un periodo e ascolta i suggerimenti dei professionisti, alleggerisci i carichi, testa gli esercizi e fatti un’idea tua. Ricorda che nessuno conosce meglio di te il tuo corpo.

4. Esercitati, allungati, rafforzati

Dopo un problema, soprattutto se lungo, scoprirai l’importanza del rafforzamento muscolare, dell’allungamento e dell’elasticità anche tendinea. Prendi l’abitudine di fare degli esercizi quotidiani come lo stretching, gli squat, le flessioni e mi raccomando, cura la postura, bastano dieci minuti giornalieri per cambiarti la vita (non solo quella sportiva).

5. Scaldati prima di partire e non strafare

Perdi anche solo 5 minuti prima di un’attività per scaldarti e allungarti. Quando hai bisogno di scaricarti o hai molta voglia di sport, partire a cento viene facile ma ricorda, i benefici si hanno con l’attività prolungata non con uno scatto di cento metri.

Con l’età, ahimè, tutte queste accortezze devono diventare verbo. La nostra macchina perfetta non più la funzionalità dei vent’anni, l’accelerazione deve avvenire in modo più graduale. Cerca di fare sport in mezzo alla Natura, all’aperto, ti riapproprierai delle stagioni e godrai a pieno dei benefici di alzare i battiti. Siamo fatti per stare in piedi e camminare, non per stare dieci ore davanti a uno schermo.

La prima corsa dopo la ripresa

Se stai fermo non succede mai niente

Seppure l’esperienza sia stata generata da un episodio di cui avrei fatto decisamente a meno, porto i mesi passati come un monito per vivere meglio. La fermata forzata mi ha riportato a un’ottica diversa, fuori dalla routine che travolge tutto e che dà poco spazio all’introspezione, momenti che normalmente faccio(facciamo) fatica a ritagliarmi. Ripenso a quei mesi come a un lungo esame di coscienza che (spero) mi abbia migliorato, ridestato una curiosità vivace e dato una spinta a qualche sogno nel cassetto.

Se è successo, dopo i comprensibili rosari iniziali, sfrutta al meglio il tempo, sii costante e fai tutto con calma. Guarda l’incidente come un’opportunità e apriti nuove porte. Ne varrà sempre la pena.

Buon cammino 


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Il primo passo – Com’è nata la voglia di camminare

Tra il passo della Cisa e Pontremoli

Ripensare a come è nata la voglia di camminare stampa sul mio viso un sorriso compiaciuto. Dal primo passo alle centinaia di chilometri percorsi, i colori, i panorami e i visi incrociati sono davvero molti. Cominciò tutto quasi per caso, un pomeriggio noioso di inizio estate. Le vacanze erano vicine, il profumo di “libertà” nell’aria, sentivo forte il bisogno di sfruttare il tanto agognato tempo libero. Non ho mai sentito nelle mie corde il passare 15/20 giorni nella medesima località di villeggiatura, stessa spiaggia stesso mare è terminato con la prima adolescenza.

La voglia di girare, di cambiare posto, di vedere paesaggi e paesi diversi sono probabilmente figli di una curiosità vorace e di una voglia di conoscere innata, alimentata dal passare degli anni. In quel momento dovevo congelare, almeno per un periodo, gli usi e costumi da “grigio pendolare” e dare ossigeno al cervello anestetizzato dalla routine. Sta di fatto che una serie di informazioni latenti nella mia testa mi fecero digitare sull’onnisciente Google: turismo lento.

Scoprire l’universo dei Cammini

I risultati della ricerca esibirono articoli interessanti, promuovendo un tipo di vacanza diversa e la crescita importante che questo modo di viaggiare stava avendo negli ultimi anni. Andare da A a B con la sola forza del proprio corpo e senza combustione, utilizzare il tempo per muoversi e non solamente per oziare. I cammini sono tra i viaggi più comuni per gli amanti del genere, su tutti il Cammino di Santiago, nelle sue numerose varianti è senza dubbio il più famoso. Da buon bastian contrario non volevo fare il più comune. Scoprii che avevamo uno splendido e meno conosciuto cammino in Italia, la Via Francigena.

La Francigena in Toscana

Il mio navigare proseguì con la lettura di alcuni articoli a riguardo, testimonianze e suggerimenti, l’idea mi incuriosiva sempre di più, pensavo spesso in quei giorni se provare o meno, anche se col senno di poi la decisione in fondo era già stata presa. La parte italiana del percorso (la via comincia da Canterbury in Inghilterra) parte dal passo del Gran San Bernardo e arriva a Roma. Il tempo per percorrerla tutta non l’avevo, dato che si parlava di 1000km divisi in 45 tappe (canoniche), elemento che sommato all’ignoto prospetto del viaggio e al timore di tornare più stanco della partenza mi fecero optare per una settimana, un tratto. Anche qui l’istinto fu padrone, l’occhio brillò su Fidenza (relativamente vicina) dove decisi di partire per giungere in sette giorni a Massa, una parte tra le più apprezzate in base alle esperienze altrui.

Stazione di Fidenza

Preparazione del materiale da portare, leggevo e m’informavo, rispolverai lo zaino dell’interrail di venti anni prima, chiamate alle strutture dove avevo intenzione di pernottare e scarico dell’ottima app gratuita. La voglia di avventura era forte, minata però da numerose paure e ansie, blocchi che verranno spazzati via dopo un paio di giorni di cammino.

Quando si prende il ritmo non ci si ferma più

Ancora non sapevo che la Via Francigena mi avrebbe cambiato il modo di affrontare la vita, non sapevo che mi sarebbe piaciuta talmente tanto l’esperienza che nel successivo anno sarei riuscito a percorrerla tutta in vari periodi (dovevo e devo far coesistere la voglia di camminare col lavoro), guadagnando una nuova fiducia in me stesso e soprattutto nel prossimo.

Questo viaggio mi regalò la consapevolezza che camminare risolve molte ansie inutili, alleggerisce lo spirito e droga naturalmente l’umore. Stare a contatto diretto con la natura, avere il cielo sopra la testa per buona parte della giornata sono condizioni ideali per l’essere umano, quantomeno sono le mie. Avevo piacevolmente scoperto che non c’è bisogno sempre di qualcuno per fare quello che vorrei, basta farlo, perché ognuno è l’artefice del proprio operato, per quanto minato e congestionato, per quanto difficile e pieno di ostacoli, la volontà di cambiare o di fare deve nascere da dentro, sempre. Quindi un passo alla volta, l’importante è partire, il resto verrà da sé.


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